
Photographer to be La fotografia la inseguo da ormai quasi dieci anni. Il nostro incontro l’ho organizzato per caso, non dando troppo peso a questa decisione ma più per la curiosità di approfondire qualcosa che stava entrando nel mio quotidiano. Qui nasce però la consapevolezza di aver trovato lo strumento per esprimere la mia visione di ciò che mi circonda, della società o semplicemente delle mie emozioni e sensazioni. Quello che osserviamo è frutto del nostro cervello più che del nostro recettore visivo. Ciò significa che nell’osservare e di conseguenza nel fotografare la nostra cultura, il nostro sapere e le nostre convinzioni giocano un ruolo importante. Quello che decidiamo di fotografare e come lo facciamo dicono molto di noi. Questo è quello che mi ha sempre attratto sia del fotografare che dell’osservare le fotografie altrui. Dietro ogni immagine, anche la più impulsiva, c’è sempre una scelta. Perchè quella scelta è stata fatta? Cosa voleva comunicare l’artista? Ma domanda che più mi stimola: cosa questa immagine scatena in me? Il fruitore di una foto ha di conseguenza una cultura, delle credenze e convinzioni che posso andare ad alterare la percezione e il messaggio di una fotografia rendendola perciò soggettiva. Quando una fotografia viene liberata in un contesto sociale questa intraprende un percorso e inizia a vivere di vita propria. Anche se accompagnata dalla spiegazione degli intenti dell’artista scatenerà una reazione non completamente prevedibile all’inizio. Qui sta la mia sfida: scegliere quale messaggio rappresentare e come farlo per massimizzare la comprensione del mio obiettivo ma ascoltare ed imparare delle reazioni che provocherà negli altri. La fotografia allena lo sguardo ad osservare ciò che ci circonda senza dare nulla per scontato. Focalizza la nostra attenzione su dettagli nascosti e stimola la riflessione. La fotografia può educare l’animo a guardare dove non sempre c’è luce
PAESEItalia
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