2 Agosto 2019 di Vanessa Avatar

La Agfa Synchro Box 600 era tra le fotocamere più diffuse alla fine degli anni ‘50. Ancora facile acquistarne una per pochi euro.
Potrebbe essere la macchina perfetta per avvicinarsi al mondo del medio formato.
Qualche tempo fa in un mercatino, per poco più di 20 euro, abbiamo comprato una simpatica Agfa Synchro Box 600. Conosciuta anche come “La Synchro Box”, era praticamente nuova. E non tanto per dire: il pressa pellicola senza alcun segno d’usura indicava che, probabilmente, quell’apparecchio non aveva scattato nemmeno un rullo. La Agfa Synchro Box 600, costruita dalla Agfa Camerawerk di Monaco tra il 1951 ed il 1957, è una versione della Agfa Box  50 dalla quale differisce per la presenza dei contatti synchro, che danno la possibilità di utilizzare la fotocamera con il flash “dedicato” Agfa Clibo- Blitz. Pare che questo tipo di fotocamere fossero costruite dall’Agfa anche in Francia e in India. Sulla nostra è scritto “Made in Germany”, quindi supponiamo che sia di nobili natali bavaresi. La Synchro box monta la pellicola di tipo 120 e produce dei negativi del formato 6x9cm. Con un rullo si possono scattare 8 foto.

Agfa Synchro Box 600

Qualcuno potrebbe pensare di utilizzare un rullo 220, che è uguale al 120 ma lungo il doppi  (e disporre di 16 pose!). C’è un però. Nei rulli 220 manca la parte in carta, che protegge la pellicola dalla luce e su cui è scritto il numero di ciascun fotogramma. Usando un rullo 220 con la Agfa synchro Box, non apparirebbe alcun numero di posa nella finestrella contafotogrammi e, cosa più grave, la pellicola sarebbe colpita dalla luce che filtra proprio dalla finestrella in questione. La Scatoletta di Agfa ha un semplice otturatore rotante, con un solo tempo d’esposizione di 1/50sec, più la posa “B”. Per meglio gestire l’esposizione, comunque, è possibile lavorare sui diaframmi. C’è da scegliere tra ben due aperture (f/11 ed f/16) agendo su una flangia metallica estraibile. Questa arcaica “ghiera dei diaframmi” svolge anche una funzione supplementare, estraendola completamente infatti l’apertura di diaframma torna ad essere f/11 ma con l’aggiunta di un filtro giallo  inutile nella fotografia a colori, ma comodissimo se si scatta in bianco e nero. I filtri colorati usati in bianco e nero, infatti, schiariscono le zone dell’inquadratura dello stesso colore del filtro e scuriscono quelle dei colori complementari. Nel caso del filtro giallo, ad esempio, il blu del cielo risulterà più scuro dando maggior risalto alle nuvole, e la pelle dei soggetti si schiarirà leggermente rendendo l’incarnato più piacevole. L’obiettivo della Agfa Synchro Box è semplice quanto il resto, ma produce immagini abbastanza nitide e uniformi, caratterizzate da una resa dei colori molto brillante… quasi lomografica

Agfa Synchro Box 600: il test

Per cominciare il nostro test, abbiamo portato la Synchro Box all’aperto, scattando un paio di rulli. La prima cosa da dire è che l’inusuale (per noi moderni) modalità d’impugnatura, associata al tempo d’esposizione non certo rapidissimo, ci hanno dato più della metà delle foto mosse. Allora ci abbiamo riprovato in luce artificiale con la complicità di una modella. Per fotografare abbiamo utilizzato un paio di illuminatori daylight, non certo potentissimi, ma posti ben vicino al soggetto, in modo da essere sufficienti per esporre correttamente con 1/50 di sec. a f/11. Vista l’esperienza precedente, per sicurezza abbiamo montato la macchina su un treppiedi. Se vi capita di fare un giro con una di queste macchinette, ricordatevi che la distanza minima di messa a fuoco è di ben 3 metri e che anche utilizzando il diaframma più chiuso (f/16) non sembra diminuire. Inquadrare non è stato difficile grazie ai due mirini a specchio (uno per scattare in orizzontale e uno per il taglio verticale). Con la macchina ferma e la modella immobile, i risultati sono stati davvero interessanti. Con colori saturi e brillanti e immagini finalmente non mosse.

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