La mostra del fotografo israeliano Michael Ackerman, “Sagome fluttuanti”, a cura di Davide Di Maggio, in collaborazione con Claudio Composti / mc2gallery è un’occasione importante per vedere e incontrare uno degli artisti più interessanti della fotografia internazionale attraverso una selezione di alcune delle fotografie più significative degli ultimi anni, appositamente scelta dall’artista e dal curatore. L’esposizione rientra nel progetto ADEC ARTE e si sviluppa nelle tre ampie vetrine che si affacciano sulla via Edmondo De Amicis, a Milano, che il centro medico polispecialistico Adec mette a disposizione per donare alla città un luogo diverso per promuovere l’arte e la bellezza a vantaggio di tutti. Il proposito di ADEC è che l’arte non resti confinata solo in spazi eletti a tale scopo, ma venga portata sulla strada, come un museo a cielo aperto, visibile ai passanti h/24.

Nel lavoro di Michael Ackerman, documentario e autobiografia concorrono alla finzione, e tutto si dissolve in allucinazione. La sua fotografia è sempre stata attraversata da tematiche ordinarie e straordinarie: tempo e atemporalità, storia personale e storia dei luoghi restituite tramite immagini deteriorate e danneggiate, non come scelta stilistica ma come rimando analogico all’esperienza, che non è mai incontaminata. I suoi particolari viaggi abbracciano New York, L’Avana, Berlino, Napoli, Parigi, Varsavia e Cracovia, ma i luoghi non sono necessariamente riconoscibili.

Michael Ackerman

Già da tempo, nelle sue fotografie, Ackerman muove verso la cancellazione delle distinzioni geografiche e di altra natura con la volontà di allontanarsi dalle restrizioni del metodo documentario tradizionale. Se il lavoro di Ackerman appare duro a prima vista, i paesaggi ci riportano a una delicatezza equilibrata, a una fiducia nella bellezza. L’artista ha un interesse profondo per gli arcaici treni coperti di neve che attraversano l’Europa e che l’hanno attraversata, soprattutto l’Europa Orientale. Su questi treni, oggi, si percorrono centinaia di chilometri, ma durante il viaggio non si è in nessun luogo e, d’inverno, si fluttua in mezzo al biancore, che inevitabilmente contrasta e ci rimanda con la memoria ai terribili treni merci delle deportazioni naziste, con i vagoni piombati, che durante la seconda guerra mondiale percorrevano incessantemente le stesse rotte. Lo stesso candore ma ben diversa percezione. Il bianco, fortemente vignettato, e il nero caratterizzano tutto il suo lavoro, creando delle atmosfere ovattate quasi nebbiose dove le figure appaiono irreali nella realtà che le circonda.

Negli ultimi anni Ackerman ha esplorato i cambiamenti concreti e la dimensione sognante della propria famiglia ristretta, moglie e figlia. Queste immagini, amorosissime, intime e inevitabilmente audaci, riecheggiano di sincerità, calore, di semplice erotismo e naturalmente d’amore. Anche in questo caso le immagini contrastano con le visioni dure e inquietanti delle fotografie dei soldati in marcia verso l’ignoto, di una casa bombardata, di figure maschili che fanno la doccia, che riportano alla mente i prigionieri nei campi di concentramento.

O l’immagine emblematica di un anziano cameriere che elegante si aggira con lo sguardo sperduto in una città deserta e della serie dei ritratti – che sarà esposta in mostra – di uomini che raffigurano la prova del disagio contemporaneo, contorti in smorfie di dolore o con gli sguardi perduti nel nulla, più ritratti di anime che rappresentano ciò che è rimasto dopo che la vita è passata.

Tutte immagini che ci raccontano la fatica di vivere, l’inquietudine di tempi difficili e la paura di viverli. La paura si mescola all’audacia, la gioia comporta un po’ di trepidazione, l’innocenza è assolutamente reale, ma intricata e fugace. Tuttavia, alla fine di questo percorso, la sensazione è comunque di armonia e di riflessione. Ackerman affronta la realtà cruda e la fotografa senza filtri e senza menzogna. Se Proust diceva che le cose che sentiamo e vediamo vengono lasciate sempre alle soglie delle frasi che diciamo, il lavoro di Ackerman mette l’osservatore nella migliore condizione per metabolizzarle e analizzarle aiutandolo a superare questa soglia, la sottile linea d’ombra che separa l’equilibrio dalla pazzia.

ADEC ARTE
via Edmondo De Amicis 28, Milano
orario: tutti i giorni H24

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