30 Gennaio 2019 di Vanessa Avatar

Letizia Battaglia a Livorno

Ha inaugurato sabato 19 gennaio, negli spazi de I Granai di Villa Mimbelli – Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno, la mostra dedicata a Letizia Battaglia, una delle prime e più importanti fotoreporter italiane. Spesso confinata nel ruolo di testimone degli anni della guerra di mafia in Sicilia, la Battaglia è stata molto di più. «È stata sì una fotografa di trincea (nomen omen)», ricorda Serafino Fasulo, curatore della rassegna, «ma ci ha illuminati e arricchiti anche con la sua incessante ricerca della bellezza e della dignità: le sue foto restituiscono il pathos delle tragedie greche, il dolore e il sublime». La mostra raccoglie cinquanta fotografie, non solo scatti che raccontano pagine di cronaca dell’Italia in rapida trasformazione, ma anche volti di donne e bambini e vividi spaccati della sua Palermo. Bellezza e dolore che Letizia Battaglia restituisce attraverso il bianco e nero, che da sempre preferisce al colore: «Ancora oggi il solo pensare al rosso del sangue mi fa star male. Penso che il bianco e nero sia più silenzioso, solenne, rispettoso. Anche quando guardo la fotografia degli altri cerco il bianco e nero. È un gusto artistico, del mezzo, del risultato».

Letizia Battaglia: non è solo la fotografa dei delitti di mafia 

Letizia Battaglia non è solo la fotografa dei delitti di mafia. Per lei la fotografia è una missione che vive sulla sua pelle, animata dall’amore e dal rispetto per la giustizia e la libertà. Un dovere verso la società e verso se stessa. Le sue armi sono state i sogni, i bisogni, il coraggio e la generosità. La sua divisa, quella della reporter, dell’ecologista, del politico, dell’editore. Ma, prima ancora, quella della donna. «Noi donne», dice «abbiamo un altro modo di esistere, di amare, di procedere nel mondo e anche di raccontare». Nella fotografia, come nella vita, Letizia non segue un modello ma entra in contatto con la realtà in modo istintivo, fisico, mettendo al centro del suo sguardo i sentimenti e le azioni delle persone, anche i più primordiali, estremi. Il suo primo incontro con la fotografia avviene in un momento difficile, dopo un periodo di psicoanalisi. «Avevo più di trent’anni e tre figlie. Ero sola, senza un lavoro, ma dovevo tornare a vivere», racconta. Così, all’inizio degli anni Settanta lascia Palermo e si trasferisce a Milano. Qui si guadagna da vivere scrivendo per alcune testate. Spesso insieme agli articoli riesce a vendere anche le sue fotografie. Ed è grazie a uno dei suoi servizi che viene richiamata nella sua città per dirigere l’ufficio fotografico dell’”Ora”, il quotidiano del capoluogo siciliano con cui collabora già da qualche tempo. È il 1974. Di lì a poco a Palermo scoppia una guerra feroce tra cosche mafiose per il controllo del territorio, una mattanza in cui cadono capi di clan antagonisti e servitori dello Stato. Letizia è lì, con la sua Leica, a documentare una delle stagioni più buie e sanguinose della storia d’Italia. Con lei c’è Franco Zecchin, per molti anni suo compagno nel lavoro e nella vita, con cui ha fondato da poco l’agenzia Informazione Fotografica. Letizia riprende senza sosta omicidi, arresti, processi. Raccoglie il pianto delle madri e delle mogli. Testimonia connivenze scomode tra politica e malaffare, come quella tra Giulio Andreotti e il mafioso Nino Salvo. Sono immagini che le danno fama internazionale ma le procurano anche molta sofferenza. Così, nei primi anni Novanta continua le sue battaglie sul fronte politico, come assessore alla Vivibilità Urbana a fianco al sindaco Leoluca Orlando, del partito della Rete. Inizia un periodo di rinascita per la città e anche per lei «(…) perché ho avuto la possibilità di aiutare concretamente la gente, di migliorare l’aspetto della città». Le cronache dure del sacco di Palermo acuiscono la sua fame di vita e di dignità che va a cercare nei rioni dimenticati, nei volti dei loro abitanti, nelle processioni, negli sguardi di tante bambine in cui ritrova i sogni e il desiderio di libertà della sua infanzia. Porterà con sé immagini poetiche, cariche di umanità, in cui la bellezza e il degrado, l’odio e l’amore per la sua terra trovano una pacifica armonia.

Letizia Battaglia a Livorno: informazioni

Info: Museo Fattori, Granai di Villa Mimbelli, Via San Jacopo in Acquaviva 65 – Livorno; venerdì-domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-19.00; ingresso euro 5.00, gratuito per i ragazzi sotto i 14 anni, visite guidate su prenotazione.
www.museofattori.livorno.it

Donna povera, San Vito Lo Capo 1980

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