La fotografia come testimonianza della verità: Mario Cresci è il protagonista del nuovo appuntamento della rubrica Bianco e nero d’autore.

11 Marzo 2021 di Redazione Redazione

Protagonista del nuovo appuntamento della rubrica Bianco e nero d’autore è Mario Cresci. Autore che ha sostituito all’idea di fotografia come testimonianza della verità quella di fotografia come pratica di pensiero.

Frequentando il Corso Superiore di Industrial Design a Venezia, Cresci impara che anche le immagini, così come gli oggetti, non nascono per caso. Si costruiscono seguendo un “progetto” e un “metodo”. Questa scoperta lo allontana dall’aura del sacro istante decisivo per una più laica concezione della fotografia come strumento per analizzare i processi che portano alla conoscenza.

Interni mossi

Nonostante la sua adesione al territorio concettuale, il rapporto di Cresci con la fotografia tradizionale è sempre in sottofondo. Nel 1967, accetta l’invito a partecipare a un progetto di documentazione del territorio a Tricarico, in Basilicata, con alcuni sociologi, urbanisti ed etnologi. In questo paesino arcaico, dove resta per cinque anni, trova una dimensione più libera e umana del vivere. Entra nelle case, osserva gli oggetti, parla con la gente. E realizza immagini in cui mescola l’estetica del documento antropologico con la riflessione sul linguaggio.

Nascono così gli Interni mossi in cui riprende soggetti in movimento trasformandoli in presenze labili e anonime con le quali per l’osservatore è impossibile ogni interazione. Le uniche forme certe sono quelle degli oggetti-nature morte. I volti, invece, ricordano le trasfigurazioni delle fotodinamiche dei fratelli Bragaglia e alcuni dipinti di Francis Bacon.

La scelta del bianco e nero

Spiega Mario Cresci: «Dagli anni Settanta, quando mi sono avvicinato di più all’arte concettuale, ho pensato che la foto canonica non dovesse essere più in bianco e nero ma frutto di una libera scelta. Ho fotografato in bianco e nero quando sentivo e pensavo che ciò che vedevo, e vedo tutt’oggi, richiedesse una visione di questo tipo e lo stesso vale per il colore. Sono stato felice quando ho potuto usare il digitale e sarò altrettanto felice se in futuro potrò usare nuove tecniche di ripresa e di stampa. Ciò che importa è la ricerca di senso delle cose che aprono la mente e la visione di realtà che mutano continuamente».

Mario Cresci

Nato a Chiavari (GE) nel 1942, fin dagli anni Sessanta è attratto da diverse arti: disegno, fotografia, installazioni, video. Ma è al Corso Superiore di Industrial Design di Venezia che affina la sua capacità di analisi della percezione visiva. Negli anni 1968-69 lavora tra Roma, Milano e Parigi. A Roma realizza alcune performance urbane mentre a Milano allestisce la prima installazione fotografica in Europa alla Galleria “Il Diaframma”. Tra il 1991 e il 2000 dirige l’Accademia di Belle Arti “G. Carrara” di Bergamo.

Dal 2005 si distacca ancor più dall’idea della fotografia fine a se stessa. Insegna Teoria e metodo della fotografia al Politecnico di Milano, all’ISIA di Urbino, all’Orientale di Napoli, alla Facoltà di Lettere di Parma, allo IED, alla NABA di Milano e al biennio di specializzazione in Fotografia dell’Accademia di Brera di Milano.

di Emanuela Costantini

Scopri qui il Bianco e nero d’autore di Letizia Battaglia

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