30 Maggio 2020 di Redazione Redazione

In questo nuovo appuntamento, l’Ambassador EIZO Marco Olivotto ci spiega come rendere coerenti più schermi dal punto di vista cromatico e tonale.

Nelle scorse lezioni abbiamo discusso il significato del termine “calibrazione”, scoprendo che questo si riferisce – in senso stretto – all’impostazione di alcuni parametri che determinano l’aspetto delle immagini sui nostri monitor. In particolare, abbiamo parlato del significato di parametri come la luminanza, la temperatura di colore, il livello del nero e il gamma. Mettiamo per un attimo da parte questi non facili concetti per concentrarci invece sulle caratteristiche di un monitor. Esistono diverse tecnologie per la produzione di un display e ognuna offre un differente livello qualitativo. D’altra parte, se certi schermi costano un centinaio di euro e altri superano i duemila, non possiamo certo aspettarci che forniscano lo stesso tipo di prestazione! La differenza è simile a quella che intercorre tra un piccolo sistema audio adatto ad ascoltare la musica in casa come sottofondo e un impianto progettato per uno studio di registrazione, dove l’accuratezza della riproduzione è fondamentale.

I limiti dei monitor

A prescindere dalle caratteristiche tecniche più o meno all’avanguardia, va messo subito in chiaro che la performance di qualsiasi monitor ha dei limiti: in altri termini, anche il display più costoso sul mercato è in grado di rappresentare certi colori e altri no. Per usare una metafora, uno schermo mette a nostra disposizione una tavolozza di colori più o meno estesa che possiamo utilizzare per rappresentare le nostre immagini. Il caso più estremo è costituito da un modello in bianco e nero (o da quelli ai famigerati “fosfori verdi”): ormai non se ne vedono più, è vero, ma in passato erano molto diffusi. Un monitor simile ha una tavolozza ridotta al minimo, perché non è in grado di rappresentare alcuna tinta: si limita ai colori acromatici, la scala di grigi che va dal nero al bianco. Questo non significa che quel monitor non sia in grado di rappresentare un rosso, un verde, un arancione o un viola: può farlo, ma solo per mezzo di diverse tonalità di grigio. È una rappresentazione estremamente limitata, ma comunque una rappresentazione.

Il caso appena descritto ci serve per capire che la situazione non è molto diversa quando andiamo a confrontare un monitor economico con uno di fascia alta: il primo, a causa delle sua componentistica “low-cost”, è in grado di riprodurre un numero limitato di colori, mentre il secondo mette a disposizione una tavolozza ben più estesa. Il costo del display è discriminante. In linea di principio, è possibile dotare uno smartphone economico di uno schermo in grado di riprodurre la gamma cromatica disponibile, solo per fare un esempio, su un monitor EIZO della serie CG – pensata per applicazioni in cui il colore è un fattore critico. Il problema è che quello smartphone finirebbe per avere un prezzo molto alto, a causa dei costi dell’implementazione del display. La vera domanda è: ha senso aspettarsi una riproduzione accurata del colore da parte di un dispositivo mobile? Dobbiamo accettare che in certi contesti non è sensato aspettarsi molto, perché la tecnologia utilizzata non lo permette. Un esempio tipico è rappresentato dagli schermi delle fotocamere digitali: sono progettati per fornire un’idea ragionevole dell’aspetto di una fotografia, ma non possiamo richiedergli un’accuratezza assoluta.

Potere al CMS!

Ogni monitor, in generale, ha la propria tavolozza, che prende il nome di “spazio colore”. Dal punto di vista formale, lo spazio colore è un insieme di punti, ciascuno dei quali corrisponde a uno stimolo in grado di causare una sensazione di colore in noi. Come spesso accade, un disegno permette di semplificare l’espressione di concetti complicati.

Figura 1 – Il diagramma di cromaticità di due monitor, uno economico “per ogni uso” (vedi triangolo più piccolo) e uno dedicato a grafici, fotografi e videomaker, mostra due spazi colore di differente ampiezza.

La figura 1 qui sopra mostra il diagramma di cromaticità (già trattato nelle lezioni precedenti) e la rappresentazione degli spazi colore di due monitor. Il triangolo più piccolo corrisponde allo spazio colore di un monitor standard, quello più grande allo spazio colore di un monitor di fascia alta (detto spesso anche “monitor wide gamut”). Se l’intenzione è quella di rappresentare il verde visibile nella piccola area circolare, il primo monitor non sarà in grado di soddisfare la richiesta, perché quel verde cade all’esterno del suo spazio colore; il secondo invece sì, perché il suo spazio colore comprende quel colore. Se invece volessimo rappresentare il blu compreso nella piccola area quadrata, non sarebbe possibile farlo con nessuno dei due monitor. Il fatto che ciascun monitor abbia il proprio spazio colore ha una ricaduta importante, che è spesso causa di grande confusione: la stessa terna RGB può avere un aspetto molto diverso a seconda del monitor sul quale la rappresentiamo. Questo, assieme alle differenze nei parametri di calibrazione, è il motivo per cui monitor diversi mostrano colori diversi. Sarebbe bello che un colore espresso come 30R 190G 80B avesse lo stesso aspetto su qualsiasi dispositivo, ma purtroppo non è così.

La gestione del colore serve essenzialmente a questo: partire da una terna RGB riferita a un certo spazio colore e “tradurla” in modo che il colore che definisce venga rappresentato nella maniera più accurata possibile su un dispositivo dato. La traduzione implica che dovremo modificare i numeri della terna al fine di preservare l’aspetto del colore, e la traduzione dovrà essere adatta al dispositivo di output che utilizziamo. Dal punto di vista prettamente tecnico, la traduzione viene effettuata da un modulo software noto come Color Management System (Sistema di Gestione del Colore), abbreviato in CMS.

Figura 2


La figura 2 mostra questo fatto ipotizzando che abbiamo due monitor: la terna originale, espressa in un certo spazio colore, si dovrà tradurre in 43R 188G 85B sul monitor A, in 48R 179G 72B sul monitor B affinché i due colori appaiano uguali e soprattutto coerenti con il colore di partenza. Questa traduzione prende il nome di “compensazione a monitor”. Se ci limitassimo a “incollare” la terna 30R 190G 80B senza alcuna conversione, vedremmo due colori diversi tra loro, e nessuno dei due rappresenterebbe in maniera accurata il colore di partenza (vedi figura 3).

Figura 3

I profili colore

Affinché la traduzione del colore possa avvenire, il CMS deve conoscere le caratteristiche dello spazio colore del dispositivo. Un metodo per descrivere un’entità astratta come uno spazio colore potrebbe essere quello di esaminarlo punto per punto e codificare in qualche forma il colore che ciascun punto rappresenta: impensabile! Il problema è che se anche ci limitassimo a uno spazio colore RGB a 8 bit, questo implicherebbe l’esame di circa 16,7 milioni di punti – che sono le combinazioni di terne possibili. Considerando che queste informazioni andrebbero allegate a un documento al fine di permetterne l’interpretazione, arriveremmo al paradosso: un file JPEG da 100 kB avrebbe bisogno di qualche decina di MB di dati aggiuntivi solo per mettere in atto una descrizione del colore accurata!

Per questo motivo sono stati introdotti i profili colore, che formalmente si chiamano profili ICC. ICC è la sigla di International Color Consortium, un’organizzazione indipendente che sviluppa e mantiene uno standard aperto per la gestione digitale del colore. Un profilo ICC fornisce una descrizione sintetica delle caratteristiche di uno spazio colore, all’incirca come la mappa di un territorio è una descrizione del territorio stesso. Un profilo ICC può essere più o meno accurato e dettagliato, a seconda delle necessità. Per fare un paragone, in taluni casi è sufficiente sapere che un giardino è quadrato e che ciascun lato misura venti metri; in altri casi conviene sapere anche che in mezzo ci sono tre alberi; in altri ancora abbiamo bisogno di conoscere in dettaglio anche la quota della collinetta che si trova tra due di questi alberi – e via dicendo. Una descrizione dettagliata sarà più precisa, ma richiederà più dati. In generale, però, non avremo bisogno di contare ogni filo d’erba e specificare di quanti centimetri ciascuno di essi esca dal suolo: questo ci riporterebbe nella situazione descritta sopra – un’enorme quantità di dati, in larga parte inutili dal punto di vista pratico, che creerebbero una situazione difficilmente gestibile!

La caratterizzazione del monitor

Nel caso di un monitor, il profilo colore si crea misurando un certo numero di campioni per mezzo di un colorimetro. Questa operazione si chiama “caratterizzazione”: un software invia una serie di terne prestabilite alla scheda grafica, e lo strumento misura la risposta del display a ciascuna terna. Il numero di campioni coinvolti varia da qualche decina a poche centinaia, e naturalmente un maggior numero di campioni richiederà una misurazione più lunga, pur producendo un profilo ICC più accurato.

Quel piccolo quadrato rosso che vediamo alla base del pannello LCD è uno dei campioni colore utilizzati dal colorimetro interno di questo monitor EIZO per la creazione di un profilo colore attendibile.

Al termine della misura, i dati misurati vengono elaborati e utilizzati per produrre un profilo ICC che viene installato nel sistema operativo e utilizzato dal CMS per la compensazione a monitorScopriremo nella prossima lezione il valore del profilo ICC e perché è importante creare degli spazi colore “standard”.

 

Chi è Marco Olivotto


Classe 1965, si laurea in fisica, ma lavora per anni come tecnico del suono e produttore musicale. Appassionato di fotografia fin da bambino, si avvicina presto alle tecniche digitali. La svolta avviene nel 2007, quando scopre i libri di Dan Margulis, padre della correzione del colore in Photoshop. Inizia a trasportare le tecniche apprese nella realizzazione grafica delle sue produzioni, fino a che nel 2011 inizia a insegnare gli stessi argomenti dopo avere seguito due corsi di teoria del colore applicata (base e avanzato) con lo stesso Margulis. Pubblica oltre 50 ore di videocorsi sulla materia con Teacher-in-a-Box, scrive a lungo per riviste specializzate, insegna in corsi post-diploma e universitari. Diventa speaker ufficiale per FESPA in diverse fiere internazionali e tiene corsi e workshop in Italia e Svizzera in diverse scuole (LABA, ILAS) e organizzazioni private. Ha collaborato in veste di consulente e formatore con realtà come Canon, Durst, Mondadori, Yoox, Angelini, Calzedonia, FCP Grandi Opere e altre. Si occupa di post-produzione fotografica e prestampa per diverse realtà editoriali. Nel 2016, la casa madre giapponese di EIZO lo ha nominato Ambassador nel primo gruppo di esperti formatosi attorno al marchiomarcoolivotto.com

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