28 Ottobre 2019 di Giovanni Pelloso Avatar

Kurt Ammann, giovane, giovanissimo, si lascia travolgere dalla fotografia. Sono gli anni dell’invasione tedesca dell’Europa. La Svizzera, circondata dagli eserciti in guerra, risulta un’isola di salvezza per molti, ma per Kurt Ammann, desideroso di conoscere territori e realtà, appare una piccola prigione. Quello sguardo pulito della sua adolescenza, al quale rimarrà sempre fedele, faceva trasparire un grande desiderio di conoscenza e di avventura. Nei decenni successivi le sue immagini racconteranno la vita e le culture del vecchio continente, ma anche dell’Oriente e del Sud America. Lui, pellegrino legato al bianco e nero, alla sua Leica e alla sua Rollei, ha avuto la capacità di restituire l’immediatezza e la spontaneità del momento, rendendoci partecipi del suo stupore. Quel mondo, che emerga dalle sembianze di una contadina al lavoro nelle risaie o dal cruento epilogo della mattanza a Carloforte, si fa a tratti melanconico, in altri, ironico. A scorrere dinanzi ai nostri occhi sono brevi istanti, racconti di storie quotidiane capaci, non solo, di far luce su un’epoca, contribuendo alla conoscenza del cambiamento sociale e culturale dalla seconda metà del Novecento, ma anche di liberarsi dalla contingenza, dalla linea della storia, e di vivere di luce propria, poiché la bellezza è nello sguardo sulle cose.

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