12 Febbraio 2019 di Vanessa Avatar

Tazio Secchiaroli

Da via Veneto a Cinecittà: l’avventura di un fotografo dalla strada più famosa di Roma al mondo incantato del cinema. 

Le stelle si specchiavano nel Tevere mentre le star scintillavano in via Veneto. Tra di loro, pronti a immortalare i divi con l’abbaglio di un flash, uno sparuto gruppo di fotografi. Il più celebre per le sue avventure e per i memorabili scatti è Tazio Secchiaroli. Nato a Roma nel 1925, si appassiona alla fotografia sin da ragazzino; trasforma il divertimento in professione nel dopoguerra, diventando “scattino”. Poco dopo entra alla V.E.D.O., fotoagenzia celebre quanto il suo fondatore Adolfo Porry Pastorel. Secchiaroli, curioso e ambizioso, assorbe le nozioni che riceve dal fotografo e mette a segno una serie di scoop di cronaca e politica. La domenica si avventura in periferia, ritrae famiglie che abitano in ricoveri di fortuna, bambini spinti dalla miseria a elemosinare per le vie del centro; lo stesso centro di Roma che la sera è frequentato dal jet set. A metà degli anni Cinquanta apre una sua agenzia, la Roma’s Press Photo, lavora per quotidiani e periodici. Le sue fotografie sono apprezzate per l’immediatezza e l’originalità. Nel 1958 i suoi servizi da Latteria di Maratta Alta su un presunto miracolo diventano un caso nazionale, attirando folle di pellegrini nella sperduta località umbra per vedere la Madonna. È una colossale bugia di due bambini, ma Tazio riesce a renderla credibile sparando il flash sui volti dei credenti. Il flash diventa la sua luce per illuminare le notti romane dell’estate del 1958. Estate calda, affollata di divi annoiati ai tavolini dei bar, pronti a perdere la pazienza. Tazio si ferma a osservarli; Così, attardandosi per un ultimo scatto, fotografandoli in situazioni poco opportune, a volte provocandoli e scattando alla loro reazione, diventa un fotografo diverso, con uno stile inconfondibile e con una presenza di scena che non passa inosservata. Si trasforma in fotografo d’assalto. Le sue immagini sono ricercate dalle redazioni, che vedono crescere le vendite. Diventa celebre quanto i fotografati, dimostra che le star non sono dei modelli da imitare, ma semplicemente delle persone. Una lite al mercato avrebbe tutt’al più generato un servizio di costume, ma un litigio notturno nel centro di Roma tra Anita Ekberg e Anthony Steel, uno spogliarello all’ultimo velo con una platea entusiasta di giovani ricchi, diventano sensazionali, pubblicati in tutto il mondo.

Tazio Secchiaroli: crede nel fotogiornalismo e non nel manierismo ripetuto

Tazio è lì: fotografa cercando il momento migliore, l’inquadratura più dinamica, la luce del flash alla giusta altezza e distanza per esaltare la concitazione del momento. Lo stridore con la periferia, tra happy few e many sad, è evidente. Tazio Secchiaroli, che Fellini cesellerà così bene ne La dolce vita , ha l’abilità del fotogiornalista, con lo sguardo ironico e melanconico al tempo stesso, di chi vede il mondo come un grande teatro, dove ci vuol poco a cambiare scena. E la scena cambia. Il film di Fellini fa esplodere via Veneto con il fenomeno dei paparazzi e lui capisce che la stagione è già finita, almeno per lui. Crede nel fotogiornalismo e non nel manierismo ripetuto; ha l’intuito per la fotografia inaspettata. A Mosca nel 1961 ha l’occasione di fotografare il fisico Bruno Pontecorvo a un ricevimento alla Domkino. Nessuno era certo che lo scienziato fosse in URSS, Tazio ne ha la prova. In Italia il servizio è pubblicato da L’Europe o, ma Secchiaroli sente che qualcosa della libertà democratica della nuova repubblica italiana si sta già offuscando. Da sempre innamorato del cinema, di quel fortino circondato da muri che è Cinecittà, dove si intrufolava da ragazzino curioso, dove era tornato come fattorino e ancora come fotografo appostato per rubare qualche scatto, nel 1962 abbandona la fotografia d’assalto e di cronaca per non farvi più ritorno, scegliendo il mondo irreale del cinema. Diventa fotografo di special per film d’autore, introducendo il reportage nel backstage. Non ha più bisogno del flash ora che è sul set. L’ambiente del cinema, gli incontri con registi e direttori della fotografia, permetterà a Secchiaroli di affinare la sua ricerca sulla luce, sui tempi. Silenzioso, tranquillo, inosservato ritrae le star. Ora non lo evitano più, anzi, si offrono al suo obiettivo nel loro ambiente di lavoro, facendo emergere quello che è il cinema dietro lo schermo, riportando ancora una volta i divi alla loro dimensione umana. Il suo modo di fotografare è diventato uno stile e un genere al quale hanno fatto riferimento generazioni di fotografi e che sono parte della storia della fotografia è un nottambulo anche lui.

Immagine in evidenza Federico Fellini, set 8e1/2, 1962 – © Tazio Secchiaroli / David Secchiaroli

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