La tecnologia, si sa, ha fatto passi da gigante, e le rivoluzioni non sono mancate neanche in ambito fotografico. La fotografia vintage mantiene tuttavia il suo fascino ancora oggi, nonostante e forse anche grazie alle continue innovazioni.
Che fare tuttavia con gli obiettivi “retrò” di 40-50 anni fa, magari di marchi e innesti differenti, e con un potere risolvente e una qualità ottica certo inferiori rispetto alle ottiche di ultima generazione? Con l’avvento delle mirrorless, sono tanti i fotografi che hanno riscoperto il piacere di riprendere in mano le vecchie ottiche, anche grazie agli efficaci aiuti forniti in termini di messa a fuoco manuale – a partire dalla funzione di focus peaking – che ne facilitano l’uso.
Una cosa, come detto, è certa: non dobbiamo aspettarci che le ottiche più datate offrano una qualità paragonabile alle attuali. I vecchi obiettivi soffrono di tantissimi difetti: alcuni diventano addirittura caratteristiche peculiari di quel certo modello e gli conferiscono una resa unica e ineguagliabile. Altri, invece, sono solamente… fastidiosi! Forti aberrazioni cromatiche, come ad esempio il purple fringing, distorsioni, coma, flare, scarsa definizione sono solo alcuni dei problemi a cui potremmo andare incontro. Scopriamo dunque insieme quale ottica del passato potrebbe fare al caso nostro.
Quale ottica scegliere
Dal momento in cui ogni fotografo ha esigenze diverse, la scelta sarà estremamente personale. Chiaramente dipenderà dal genere fotografico prediletto: ci sono ottiche rétro, ad esempio, che rappresentano un vero must soprattutto per la ritrattistica.
Innanzitutto, tutte le ottiche vintage hanno un innesto diverso da quello delle mirrorless moderne. Ciò comporta che, oltre all’obiettivo, dovrete procurarvi un anello adattatore che vi permetta di usare la vecchia lente su un corpo macchina più recente. L’anello adattatore su un lato ha l’innesto per l’ottica vintage e dall’altro quello per la vostra mirrorless (fate attenzione perché le combinazioni obiettivo/fotocamera sono innumerevoli). In più, l’adattatore permette di raggiungere il tiraggio giusto e, di conseguenza, la completa copertura del sensore e una corretta messa a fuoco sia da vicino sia all’infinito.
Fotografia vintage e ritratto
Tra le ottiche rétro più utilizzate nel ritratto ci sono, per esempio, gli Helios e i Trioplan. Ovviamente qualcuno potrebbe prediligerne altre, ma sicuramente nessuno negherà che quelle citate sono uniche nel regalarci degli sfocati davvero peculiari e, ancora oggi, apprezzabilissimi.
La prima cosa che dovete aspettarvi è che con il vostro “vetro” vintage non funzionino le modalità di scatto a priorità di tempo, a priorità di diaframma e automatico. L’unica che potrete usare sarà la modalità manuale poiché l’ottica (esclusi rarissimi casi) non disporrà dell’elettronica necessaria a comunicare con la vostra mirrorless. Bisogna dunque prendere dimestichezza con la messa a fuoco che, perdendo gli automatismi, richiede un po’ di pratica e di “occhio” per evitare i fuori fuoco.
Come per ogni obiettivo, è importante conoscere la resa ottica del modello che stiamo utilizzando. Per poter approfittare del loro “difetto/pregio”, alcuni devono essere usati a tutta apertura. Saremo quindi costretti a porre il punto focale del soggetto al centro dell’immagine, poiché ai bordi risulterebbe poco nitido, sfocato oppure accompagnato da eccessive aberrazioni.
L’Helios con attacco M42 è una delle ottiche vintage più apprezzate proprio per il suo più noto difetto che, sul campo, diventa invece un punto a suo favore: lo swirl! È un particolare effetto per cui, invece del classico, omogeneo sfocato, l’obiettivo ne produce uno “a vortice” che ha l’incredibile capacità di spingere lo sguardo dell’osservatore verso il soggetto (proprio per via dello swirl, quest’ultimo dovrà essere piazzato praticamente sempre al centro dell’inquadratura, come nell’immagine qui sotto). Teniamo in conto che non si tratta di uno sfocato morbido, al contrario, è molto duro, quasi nervoso. Per ottenere il massimo dell’effetto è preferibile scattare con diaframmi molto aperti (ad esempio a f/2), ma, attenzione: allontanandosi dal soggetto è molto complicato ottenere un fuoco preciso e l’ottica “impasta” facilmente.
La questione tiraggio
Per poter montare sul nostro corpo macchina ottiche con attacchi diversi, il mercato offre davvero ogni genere di soluzione. Esiste però il problema del tiraggio.
Ogni ottica è studiata per mettere a fuoco sul piano focale (il sensore nel nostro caso, o la pellicola ai tempi dell’analogico), posto a una certa distanza dall’elemento posteriore dell’obiettivo. Se il sensore si trova più lontano di quanto dovrebbe da quest’ultimo, l’ottica non riuscirà a mettere a fuoco da una certa distanza in poi (all’infinito); d’altra parte, se il sensore si trova più vicino al valore ottimale, l’obiettivo non riuscirà a mettere a fuoco a brevi distanze. È facile capire che in quest’ultimo caso basta mettere un distanziale tra obiettivo e macchina fotografica e il gioco è fatto.
Se invece il sensore è troppo lontano, è complicato recuperare e saremo costretti a usare l’obiettivo solo su soggetti vicini – con l’unico vantaggio che riusciremmo a mettere a fuoco anche a distanze più ravvicinate di quelle per cui l’ottica è nata. Per poter mettere a fuoco anche “all’infinito” con i rari obiettivi che richiedono un tiraggio inferiore ai 16 mm, avremo bisogno di uno speciale adattatore, non cavo ma dotato al suo interno di un gruppo ottico. Quest’ultimo, tuttavia, abbasserà la qualità d’immagine, e quindi l’operazione è generalmente sconsigliata.
Le ottiche vintage hanno ancora tanto da raccontare. Dobbiamo solo trovare il “coraggio” di metterle in borsa, lasciare a casa la pigrizia e darci a qualcosa di nuovo. Certo, ormai siamo abituati alla comodità della messa fuoco automatica e passare a una modalità del tutto manuale può spaventare. Ma, nella fotografia, sperimentare è impagabile!
Recupera uno dei nostri tutorial sul ritratto qui.
Guida realizzata dal fotografo Sergio Derosas.