Dopo aver capito che cos’è la gamma dinamica, scopriamo le tecniche che ci permettono di ampliare e ottenere il massimo dettaglio in tutte le parti della scena.
La tecnica dell’High Dynamic Range
Il bracketing dell’esposizione è l’approccio più comune alla creazione di immagini ad alta gamma dinamica (High Dynamic Range, da cui HDR). Si tratta in pratica di scattare diverse esposizioni della stessa scena e di combinarle via software per ottenere una singola immagine dalla gamma dinamica più ampia di quella che il sensore potrebbe catturare. Possiamo anche usare la funzione in-camera HDR per fondere le esposizioni, ma spesso capita di avere bisogno di cinque o più esposizioni per coprire davvero l’intera gamma dinamica della scena.
A priorità di diaframma o in manuale, impostiamo ISO, diaframma e tempo di posa per un’esposizione bilanciata, poi applichiamo la compensazione dell’esposizione (se siamo a priorità di diaframma) o cambiamo il tempo di posa (in modalità manuale) e realizziamo una serie di scatti con diverse esposizioni, sovra e sottoesposte. Proviamo con immagini a -2 EV, -1 EV, +1 EV e +2 EV rispetto all’esposizione iniziale, ma ricordiamo che tutto dipende dalla scena.
Abbiamo a disposizione anche le opzioni di bracketing automatico, che nella maggior parte delle Nikon troviamo nel menu di ripresa (alcune hanno un pulsante dedicato BKT). Impostiamo il numero di scatti che vogliamo e la differenza espositiva tra ognuno. In genere 1 EV (1 stop) funziona bene su un intervallo di tre o cinque inquadrature. Scattiamo, se possibile, con il treppiede, in modo che la composizione resti invariata.
A partire da una sequenza in bracketing, software come Photomatix Pro, Lightroom e Photoshop possono creare un’immagine finale in HDR. Il processo è automatico e, a seconda delle performance del computer, può richiedere anche parecchio tempo.
Qualche ostacolo…
Le esposizioni in bracketing hanno alcuni problemi. Il principale è che non permettono di avere elementi in movimento nell’inquadratura, perché appaiono come sagome spettrali nell’immagine finale. Un altro è che non abbiamo un risultato definitivo sul campo: possiamo solo sperare di aver catturato abbastanza esposizioni da ricomporre l’intera gamma dinamica della scena.
Se abbiamo una Nikon capace di un’ampia gamma dinamica, come D7500, D780, D850 o qualsiasi serie Z, è probabile che il bracketing ci serva solo in condizioni estreme. In post-produzione, possiamo semplicemente rielaborare lo stesso file RAW con impostazioni diverse di ombre, luci e b/n per ottenere una versione “normale” e le variazioni sotto e sovraesposte da cui creare l’immagine HDR. In questo modo non c’è nessun problema con il movimento nella scena.
Gamma dinamica: come affrontare le scene difficili
1 – Luce brillante
Qualsiasi sorgente di luce interna all’inquadratura, che sia una lampadina, una fiamma o il sole, è troppo luminosa per registrarne i dettagli e al contempo bilanciarla con il resto della scena. In questi casi conviene accettare di perdere il dettaglio delle luci alte e salvare il resto.
2 – Cieli luminosi
Trovare l’equilibrio tra un cielo luminoso e un primo piano in ombra è difficile. I cieli grigi o bianchi possono facilmente risultare sovraesposti e rovinare lo scatto. Usiamo un filtro graduato a densità neutra per ridurre la luminosità del cielo e riportare la gamma dinamica entro i limiti del sensore.
3 – Finestre in interni
Una stanza illuminata da una finestra in luce diurna è tra le scene più difficili da catturare in una singola esposizione. La gamma dinamica è enorme, soprattutto nelle zone più lontane dalla finestra. Per mostrare i dettagli dell’interno e quelli dell’esterno, è meglio ricorrere all’HDR.
4 – Scatti in controluce
Scattare direttamente verso il sole o qualsiasi altra forte sorgente luminosa fa sì che parti dell’immagine sprofondino nel buio: questo tipo di scena ha infatti una gamma dinamica estesissima. Possiamo ridurla con un lampo di flash di riempimento.
Vorrei solo fare una breve considerazione personale sull’uso dell’HDR dal momento che, oggigiorno, s’incontrano sempre più spesso delle immagini “piatte” in cui tutti i punti appaiono ugualmente illuminati ed uniformemente esposti, senza alcun gioco di luce ed ombra. L’estrema leggibilità di quelle scene – che qualcuno potrebbe giudicare un pregio – rischia invece di renderle innaturali e poco credibili. Perché, dopo oltre un secolo di fotografia analogica, il nostro cervello si è talmente abituato a quel tipo di rappresentazione che ora considera del tutto normale la perdita di dettaglio agli estremi della scala tonale. Le alte luci al pelo e le zone d’ombra profonda fanno ormai parte integrante del linguaggio fotografico ed è sbagliato, a mio avviso, cercare di ammazzarle via software. Insomma, ben venga l’HDR per aprire LEGGERMENTE qualche ombra o per aumentare LEGGERMENTE la leggibilità di quei bianchi che, altrimenti, andrebbero bruciati. Ma senza esagerare perché, a mio avviso, il miglior HDR è quello che non si vede.
Osservazione perfetta