Dopo aver parlato di composizione, oggi approfondiamo la lunghezza focale in fotografia e vediamo come questa è influenzata dalla scelta dell’obiettivo.
Lunghezza focale in fotografia: grandangolo
L’angolo visuale di una scena è determinato dalla sua lunghezza focale. I grandangoli hanno una lunghezza focale inferiore a 35 mm nel formato full-frame e permettono di inquadrare una porzione più ampia della scena. Sono utili, quindi, per i paesaggi o per l’architettura. I grandangoli esagerano la prospettiva e danno l’impressione di deformare la figura umana, il che può non essere apprezzato dal soggetto nel caso, per esempio, di un ritratto.
Lunghezza focale di un obiettivo tele
Un teleobiettivo (qualunque cosa superiore alla lunghezza focale di 85 mm) genera un angolo di campo stretto. Questo ci permette di avvicinarci a particolari lontani o di concentrare l’attenzione su una piccola parte della scena. Con un teleobiettivo, lo sfondo sarà sfocato grazie all’angolo più stretto. I teleobiettivi, in genere, si usano per i ritratti perché tendono a schiacciare la prospettiva.
Zoom oppure ottica fissa Canon?
Gli obiettivi si dividono in zoom e fissi. Gli zoom sono ottiche a focale variabile entro determinate gamme, come 18-55 mm o 70-200 mm. Le ottiche fisse Canon hanno invece una lunghezza focale fissa, appunto, come 50 mm o 85 mm (ottica solitamente prediletta dai ritrattisti). Se le ottiche fisse non sono versatili, tuttavia hanno il vantaggio di essere più nitide e luminose e permettono di fotografare con poca luce; la loro ridotta profondità di campo produce meravigliose sfocature del fondo.
APS-C contro full-frame
1 – Il fattore d’ingrandimento
Le reflex digitali possono avere un sensore full-frame, così detto poiché corrisponde alle dimensioni della pellicola 35 mm, o un sensore APS-C, più piccolo (36×24 mm contro 23,6×15,7mm). Le reflex con il sensore APS-C, come EOS 750D, 7D Mk II e 80D sono chiamate anche “mezzo formato”, perché il sensore APS-C cattura solo la parte centrale dell’immagine vista dall’obiettivo.
Entra in gioco qui il fattore di ritaglio o di “crop” che ha un effetto decisivo sulla lunghezza focale “effettiva” dell’ottica montata. Per calcolare la lunghezza ottica bisogna, infatti, moltiplicare la lunghezza focale nominale dell’obiettivo per 1,6x: un semplice 400 mm diventerà così un 640 mm.
2 – Terminologia full-frame
Gli obiettivi per le Canon APS-C sono chiamati EF-S, mentre i full-frame sono chiamati EF. Gli obiettivi EF-S non possono essere montati su corpi Canon full-frame, poiché l’immagine sarebbe troppo vignettata. I bordi del sensore della fotocamera sarebbero, infatti, oscurati dall’obiettivo stesso. Tra le reflex Canon full-frame figurano la EOS 6D, la 5D Mk IV e la 1D X Mk II.
3 – Cambiare il punto di vista
I numeri delle lunghezze focali possono creare confusione, soprattutto se consideriamo le dimensioni del sensore. Se montiamo un 50 mm su un corpo full-frame, l’angolo di campo sarà quello di un classico 50 mm, cioè circa 40 gradi. Se però montiamo lo stesso obiettivo su un corpo con il sensore di formato APS-C, l’angolo di campo si restringerà a circa 26 gradi, che equivale a una lunghezza focale di 80 mm su un corpo full-frame.
4 – Sensore e profondità di campo
Oltre all’angolo di campo, le dimensioni del sensore determinano anche la profondità di campo. Maggiore è la dimensione del sensore, minore è la profondità di campo. Questo è il motivo per il quale le fotocamere con un sensore molto piccolo, come gli smartphone, difficilmente producono una piccola profondità di campo e si comportano male quando c’è poca luce.
È anche il motivo per il quale le macchine di grande formato, come il 10×12 cm, devono arrivare a f/64 per avere la messa a fuoco dal davanti al fondo della scena.
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Affermare che la prospettiva dipenda dalla lunghezza focale o che la profondità di campo dipenda dalle dimensioni del sensore è sbagliato. Comprendo che si tratti di un articolo destinato ai lettori alle prime armi ma, purtroppo, certi concetti mal si prestano alla semplificazione. In fotografia, ahimè, ci s’imbatte spesso in verità “apparenti” e può pertanto accadere che, delle parole che un fisico non pronuncerebbe mai, diventino tollerabili sulla bocca dei fotografi. Ma in fondo è comprensibile: quando i concetti errati descrivono la realtà meglio di quelli esatti, la tentazione di preferire i primi – anche in sede di divulgazione e formazione – diventa irresistibile.