Valda Bailey, la raffinata fotografa di fine art
Valda Bailey realizza immagini così raffinate da sembrare dei quadri, riuscendo a realizzarle già al momento dello scatto. Dopo aver studiato pittura si è avvicinata alla fotografia, da cui è rimasta stregata; ha iniziato con la street photography, per cui, però, non si sentiva portata per l’aspetto etico e per la “caccia” al permesso di ritrarre le persone. Solo qualche anno fa si è avvicinata alla paesaggistica grazie a un’immagine astratta di Chris Friel che le ha mostrato come fosse possibile dipingere con una fotocamera.
In pratica come lavori?
Uso una Canon EOS 5DS R, che ha diverse modalitàdi fusione e riesce a unire fino a nove esposizioni in un singolo collage. All’interno della sequenza posso cambiare bilanciamento del bianco, obiettivo o parametri di esposizione, posso scegliere di spostare la fotocamera – a volte cammino chilometri prima di chiudere una sequenza! Le possibilitàsono virtualmente infinite.
Il tuo stile di fotografia è difficile da padroneggiare?
Le tecniche sono semplici, ma sapere come applicarle, cosa farci e quale strada prendere richiede molto tempo. Bisogna sovrapporre texture a forme e a raggi di luce. Sapere come la fotocamera si comporteràcon la fusione di determinati toni ècruciale per avere buoni risultati – e ci vuole un po’ per capirlo. Sottolineo sempre che l’aspetto piùdifficile èrealizzare un’immagine in cui la tecnica non risalti troppo: un po’ di mosso o un’esposizione multipla non potranno mai salvare uno scatto banale.
Che tipo di approccio serve per il tuo stile?
Come affronti la post-produzione?
Trovo ancora terribilmente difficile scegliere le immagini davvero buone – distinguere quelle che valgono qualcosa dalle altre. Spesso trovo piùsemplice lasciar decantare una serie di scatti per un mese o giu di lì e poi tornarci sopra con un occhio piùfresco e disincantato.
Dedichi molto tempo alla post-produzione?
Cosa ti piace di più del tuo modo di lavorare?
Non sono mai stata capace di appassionarmi davvero alla fotografia paesaggistica. Non intendo sminuirla, anzi, solo che non èper me. Il mio modo di lavorare è difficile, e sto ancora imparando. Ruota intorno all’idea di un’immagine unica.
Bisogna accettare il fallimento, ma il successo èdavvero molto gratificante!
L’intervista completa, per scoprire la “modalità di fusione“, la “fusione in-camera” e molto altro, la trovi sul numero 186 di Digital Camera Magazine ora in edicola e disponibile online.