Attraverso il bianco e nero, Piergiorgio Branzi ha puntato il suo sguardo rigoroso sul rapporto tra l’uomo e il suo ambiente.

16 Marzo 2021 di Redazione Redazione

Protagonista del nuovo appuntamento della rubrica Bianco e nero d’autore è Piergiorgio BranziGiornalista per mestiere, fotografo per passione, ha puntato il suo sguardo colto e rigoroso sul rapporto tra l’uomo e il suo ambiente.

«Anche se quel “fondo di bicchiere” è rivolto verso l’esterno, l’immagine proviene dalla nostra intimità, ci racconta, ci smaschera». Fotografare, dunque, secondo Branzi è un’azione compromettente per l’autore perché rivela molto di lui. Nel 1952 vede per la prima volta gli scatti di Cartier-Bresson in una mostra a Palazzo Strozzi e ne resta ammaliato. Ma non immagina che, a distanza di tempo, il fascino di quelle eleganti istantanee gli permetterà di scoprire qualcosa di più prezioso e insospettabile: l’uomo Bresson. Dopo quella mostra compra una Ferrania Condor e, con lo sguardo pieno del rigore rinascimentale di Firenze, la sua città, e della folgorazione per l’istante decisivo bressoniano, comincia a scattare.

Le ragioni del bianco e nero

«Ogni scatto diventa “immagine” quando l’autore ritiene che essa possa tradurre le sue intenzioni espressive. Se si trasforma in bianco e nero una fotografia a colori – o viceversa – si può anche avere un ottimo risultato, ma il messaggio sarà diverso», spiega Branzi. «Ad esempio, lo scatto del ragazzo con l’orologio, a colori potrebbe anche funzionare, ma se annulliamo l’indeterminatezza esaltata dal grigio uniforme dello sfondo, il bianco del quadrante non avrebbe più la sua centralità e la scena perderebbe l’aura metafisica che la contraddistingue».

«Le infinite possibilità del grigio aprono un ampio ventaglio di suggerimenti, stimolano l’immaginazione e la fantasia». Piergiorgio Branzi

Piergiorgio Branzi

Dopo gli studi classici intraprende quelli universitari di giurisprudenza che interrompe per dedicarsi al giornalismo e alla fotografia. Comincia a scattare nei primi anni Cinquanta, quando entra nel circolo fotografico “Misa” e, in seguito, ne “La Bussola”. Dal 1953 partecipa a varie mostre e vince numerosi concorsi. In seguito attraversa in motocicletta l’Italia e la Spagna raccontando la vita dei paesi che incontra.

Dopo una collaborazione con Il Mondo di Mario Pannunzio, nel 1960 viene assunto alla Rai. Due anni dopo è corrispondente da Mosca. È il primo occidentale oltre la cortina di ferro. Dal 1966 al 1969 sarà corrispondente da Parigi e nel 1969 torna nella sede Rai di Roma. Ha esposto in numerose mostre tra cui Italian Metamorphosis al Guggenheim Museum di New York. Ha pubblicato Piergiorgio Branzi (1997), Diario moscovita (2001), Piergiorgio Branzi (2003), Il giro dell’occhio (2016).

di Emanuela Costantini

Scopri qui il Bianco e nero d’autore di Mario Cresci

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