Attraverso immagini potenti, IL FOTOGRAFO 338 propone una riflessione sul rapporto tra la fotografia e l’emergenza climatica.

22 Ottobre 2022 di Redazione Redazione

IL FOTOGRAFO 338 – J’ACCUSE propone una riflessione sul rapporto tra la fotografia e l’emergenza climatica. Raccogliendo il grido d’accusa dei fotoreporter che, attraverso le loro potenti immagini, raccontano la crisi ambientale e ci richiamano alle nostre responsabilità.

Di forte impatto, dunque, i lavori presentati in questo numero e realizzati da Carmelo Stompo, Diane Tuft, Fabiano Ventura, Francesca Todde, Giulio Di Sturco, Irene Barlian, Lucas Foglia, Lynsey Addario, Matthew Abbott, Nanna Heitmann, Sergio Visciano, Valentina Tamborra.

Lavori che non possono lasciarci indifferenti e ci invitano a un impegno comune. Come sottolinea nel suo editoriale Anna Luccarini, photo e video editor, docente di Storia della Fotografia alla Scuola Mohole Milano.

IL FOTOGRAFO 338: l’editoriale di Anna Luccarini

Le fotografie sono sempre state considerate una finestra sul mondo; testimonianze visive di molteplici sfaccettature geografico-sociali si alternano a insoliti universi personali in cui gli autori trascinano lo spettatore coinvolgendo sentimenti, idee, emozioni.

Il mondo, ora più che mai, è soggetto a eventi climatici estremi e ha bisogno di un impegno condiviso a livello globale. Uragani, onde di calore, incendi e innalzamento dei mari sono il risultato di uno stile di vita insostenibile. L’urgenza di invertire la rotta è condivisa dall’intera comunità scientifica ed è uno dei punti principali dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Francesca Todde, da A Sensitive Education. La cicogna bianca Mildred abita sul tetto della casa di Tristan, 2017 © Francesca Todde Contrasto

La fotografia e l’emergenza climatica

Dati scientifici e statistiche sono importanti, ma spesso sono percepiti come “lontani” e poco persuasivi. I numeri da soli riescono difficilmente a fare presa e a risvegliare la coscienza ambientale delle persone. Fotografia e fotogiornalismo colmano questo divario in virtù del loro potere di comunicare con un linguaggio visivo universale, di esprimere problemi e alternative in modi che il gergo scientifico da solo non può fare.

Le immagini singole, i reportage ben realizzati, sono in grado di arrivare al cuore dell’osservatore, di indignarlo, di suscitare reazioni emotive, di fornire prove tangibili dell’estrema fragilità della Terra. Le fotografie ispirano ed esortano le persone a mettere in atto azioni concrete e comportamenti virtuosi.

Per i media, ma non solo, la sfida è sempre più legata alla corretta comunicazione attraverso le immagini, indispensabili strumenti per influenzare la percezione di un reale problema sociale. Spesso soggette a un uso smodato sui social e sul web, queste rischiano di produrre un effetto contrario e di suscitare sentimenti di impotenza.

Un nuovo linguaggio visuale per il cambiamento

Un contributo significativo in tal senso arriva da Climate Outreach, ente del Regno Unito che dal 2004 riunisce esperti nel comunicare i cambiamenti climatici, e da Climate Visuals, documento basato su ricerche e sondaggi internazionali che ha lo scopo di promuovere un nuovo linguaggio visuale. In breve, le sei linee guida: ritrarre persone reali, cercare nuove storie, mostrare gli effetti del cambio climatico a livello locale e su larga scala, sottolineare l’aspetto emotivo, conoscere la platea a cui ci si rivolge e dosare le immagini di protesta la cui valenza impatterebbe solo su coloro che già si ritengono attivisti.

Comunicare in modo efficace e mostrare come la crisi climatica ha un impatto su ciascuno di noi, ogni giorno, è di vitale importanza e contribuisce a rendere tutti consapevoli che, come affermava Gandhi, «dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo».

IL FOTOGRAFO 338 è in edicola oppure sul nostro store (anche in abbonamento) a questo link

Foto di copertina: Matthew Abbott

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