21 Aprile 2020 di Redazione Redazione
Quando parliamo con Mark Seymour, non sembra di ascoltare qualcuno tornato a casa da meno di una settimana dopo settantacinque giorni in Asia. Non mostra segni di jet-lag o stanchezza mentre parla, anche se ha passato la maggior parte del viaggio tenendo corsi settimanali di fotografia di strada tra il caldo e la polvere di Istanbul, Myanmar, Nagaland, Assam, Varanasi e Calcutta. Mark è conosciuto per la fotografia di matrimoni, ma l’entusiasmo e l’energia della sua voce sono dovuti al suo più recente amore: la street photography. Negli ultimi anni, Mark si è costruito una seconda carriera, che gli sta portando fama e tanti successi quanti la prima, con corsi e tour specialistici, condotti soprattutto nelle regioni e nelle grandi città dell’Asia e del Medio Oriente, dove a ogni angolo è possibile imbattersi in imprevisti soggetti e scene emozionanti e fuggevoli. È una svolta professionale nata dal bisogno di rispondere all’amore per i viaggi e per l’immersione in culture e stili di vita “altri”. È evidente che Mark si vede a un punto di svolta nella sua carriera.
matrimonio ebraico

Un matrimonio ebraico: questa volta Mark ha usato un
20 mm f/2.8 per includere nella stessa inquadratura sia la sposa, sia lo sposo lanciato in aria.
Per compensare la luce scarsa di questo interno ha portato gli ISO a 8.000.

Quanti matrimoni segui ancora? Probabilmente sui quindici eventi all’anno. Quest’anno, però, stiamo spingendo ancora di più sui corsi. Sono più divertenti dei matrimoni! Lavori con persone che sono lì perché vogliono imparare e, quando hai finito, è finito davvero, non ci sono strascichi e passi al gruppo successivo. Faccio ancora matrimoni e faccio ancora fotografia di viaggio, perché comunque è interessante avere un reddito composto da più fonti.
Sei sempre stato appassionato di fotografia di strada, o è una cosa che si è sviluppata in un secondo momento? È una cosa decisamente nata dopo: quando lavoravo come fotografo di matrimoni non pensavo alla fotografia di strada, ho cominciato con quella documentaristica dodici o quindici anni fa. Qualche anno dopo ho iniziato a sviluppare i corsi con Nikon, quando sono diventato Ambassador e mi è stato proposto di insegnare. Non potevo fare fotografia di matrimoni perché avevano già chi se ne occupava e così ho pensato alla fotografia di strada. Ho iniziato localmente, poi abbiamo organizzato un tour in India e da lì è cominciato tutto.
Sembri concentrato soprattutto sull’Asia: come mai? Ho il Sudamerica sul radar, voglio andare a Cuba, in Perù e in un paio di altri posti, ma non ho avuto il tempo di fare delle ricognizioni per organizzare un corso. In Asia le persone sono affascinanti, particolarmente nelle aree in cui andiamo di solito, gli slum: sono zone ruvide, difficili, sono indietro di venti o trent’anni, ma è precisamente quello che vogliamo fotografare.
Questa composizione pittorica con un gruppo di uomini in un negozio è una scena tipica delle prime ore del mattino per le strade delle città indiane.

Questa composizione pittorica con un gruppo di uomini in un negozio è una scena tipica delle prime ore del mattino per le strade delle città indiane.


Ma le persone come reagiscono agli approcci di sconosciuti “armati” di macchina fotografica? In Asia, la gente è amichevole, le persone ci invitano spesso in casa e ci chiedono se vogliamo fotografare le loro famiglie. Da noi, non succederebbe mai. Il focus dei laboratori è catturare la vita, lì c’è una cultura molto diversa, molto calda. Le persone si siedono davanti alle porte delle case e puoi anche passare per strada, infilare la testa in una porta e salutare, “Ciao, come va?”.

Qual è il tuo kit standard per la fotografia di strada? Immagino sia molto più leggero di quello per i matrimoni… Tutti i miei scatti dell’anno scorso (e credo il 90% di quelli sul mio sito) sono stati realizzati con un 35 mm. Avevo con me due corpi macchina e tre o quattro obiettivi, ma ho usato praticamente solo il 35 mm.

Quale 35 mm usi? Il 35 mm f/1.8. È un modello base, non serve una straordinaria luminosità per strada: il più delle volte scatti a f/8 o f/11 perché il punto dell’immagine è la cattura di un momento su più livelli. Non serve un morbido, cremoso bokeh, è proprio irrilevante. Ci sono stati un paio di partecipanti ai corsi che avevano fotocamere enormi e ottiche 35 mm f/1.4, ma non servono: f/1.8 è già abbastanza e comun- que alla fine non usi mai la massima apertura.
Interessante. Nella maggior parte dei casi, quindi, la mancanza di luce non diventa un problema, giusto? Il senso di tutto è catturare il momento, essere pronti e veloci e viaggiare leggeri. Camminiamo dieci o dodici chilometri al giorno, e fa caldo: una fotocamera e un obiettivo sono più che sufficienti, sono tutto quello che serve. Io ormai porto sempre un solo corpo macchina.

Hai notato sovrapposizioni tra il tuo modo di lavorare ai matrimoni e quando sei per strada? Sì, molte. Direi che il 30% delle persone che vengono ai miei corsi sono professionisti: molti di loro sono tornati a casa e mi hanno detto che le tecniche della fotografia di strada, i metodi per arrivare vicini ai soggetti, le stratificazioni, li hanno aiutati con la fotografia di matrimoni. Abbiamo notato che il grande vantaggio che le persone ottengono dai corsi non è tanto la guida verso destinazioni meno battute, quanto le sessioni di critica ed esame alla sera: tutti vedono quali sono i propri errori e il giorno dopo possono provare a correggersi.
Una composizione ben bilanciata di un momento di quiete nei pressi degli storici Ghat di Calcutta, capitale culturale indiana.

Una composizione ben bilanciata di un momento di quiete nei pressi degli storici Ghat di Calcutta, capitale culturale indiana.

Tornando agli esordi, ci racconti come hai iniziato? È stato mio padre a farmi conoscere la fotografia. Probabilmente nel mondo reale sarei inadatto a qualsiasi lavoro: ho fatto solo il fotografo tutta la vita. C’è una mia foto di quando avevo quattro o cinque anni, con una Box Brownie! La fotografia non è stata una seconda scelta, è la sola cosa che ho fatto da sempre.

Il tuo futuro va nella direzione della fotografia di strada: con il senno di poi, cambieresti qualcosa dei tuoi esordi? Il senno di poi è facile, ma quando ho iniziato avevo bisogno di fare matrimoni, perché pagavano bene e avevo mutuo e figli. Se mi ritrovassi oggi nelle stesse condizioni, a quel punto della mia carriera, farei la stessa cosa. Detto questo, mi piacerebbe aver fatto reportage di guerra, vorrei essere andato dove le cose succedevano, ma non me lo potevo permettere o non avevo mezzi per farlo. Oggi, se volessi, ne avrei la possibilità.

In un mercato così competitivo, che consigli daresti a chi è alle prime armi? La cosa migliore è non spendere troppo per l’attrezzatura, ma investire in corsi e lezioni. La seconda cosa… non riguarda la fotografia. Troppi fotografi non gestiscono bene il marketing: la fotografia di matrimoni è un business, dovete trattarla come tale. Dovete avere un ottimo sito e proporvi al target giusto. Potete anche essere i fotografi migliori del mondo, ma se i clienti non vi bussano alla porta non durate molto…
Per leggere l’intervista completa, acquista N-Photography #98 o scarica la tua copia digitale cliccando qui.

Mark Seymour

Mark Seymour
È un pluripremiato fotografo di matrimoni, con una carriera trentennale. Tra i riconoscimenti rice- vuti citiamo l’MPA (Master Photographers Association) European Wedding Photographer of the Year e l’MPA UK Wedding Photographer of the Year, che gli è stato assegnato tre volte. Oggi si dedica alla fotografia documentaria e alla street photography. Nikon ambassador, Mark è stato il pri- mo fotografo britannico associato a due categorie. Tiene laboratori di fotografia di viaggio e street in tutta Europa e in Asia.

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