Nelle sue immagini Nick Brandt mostra al mondo la distruzione della fauna africana. Enrico Ratto lo ha intervistato.

29 Gennaio 2022 di Redazione Redazione

Nick Brandt è il fotografo che ha mostrato al mondo attraverso immagini giganti la distruzione della fauna africana. La delicatezza di quel bianco e nero non ha niente a che fare con la potenza, probabilmente perfino la rabbia, che ha l’autore nell’affrontare la tragedia che gli si è presentata di fronte quando, a metà degli anni Novanta, ha messo piede per la prima volta in Africa.

Negli ultimi venticinque anni le sue immagini sono diventate lo strumento per un’azione ampia e con ricadute concrete sul territorio. Nel 2010 fonda la Big Life Foundation, con la quale raccoglie denaro per pagare i trecento ranger che controllano la savana keniota con l’obiettivo di contrastare il bracconaggio.

I suoi progetti iconici On This Earth e Inherit the Dust sono il simbolo della fotografia volta alla salvaguardia della natura. Nel suo ultimo lavoro (The Day May Break), accanto agli animali compaiono gli uomini, come a dire che siamo legati da un destino comune. In altre parole, le ricadute del disastro ecologico ci riguardano. E cambiare il corso degli eventi è un dovere di tutti.

L’intervista di Enrico Ratto

L’ultima volta che abbiamo parlato, nel 2017, mi hai detto che un artista che si occupa di questioni ambientali è in continua lotta contro il tempo. A che punto siamo in questa lotta? Stiamo procedendo nella direzione giusta o sbagliata?

«Purtroppo, conosci già la risposta. Naturalmente, la strada è quella più sbagliata. E ci sono persone che lo sanno bene, ma che scelgono volontariamente di ignorarlo per il loro tornaconto. Mi riferisco ai politici e agli industriali dalle condotte deplorevoli. Queste persone, come Bolsonaro in Brasile, e quasi tutto il Partito Repubblicano in America, dovrebbero essere messi sotto processo per ecocidio, per ecoterrorismo, per tutti i miliardi di vite che saranno perse a causa dell’interruzione delle azioni sul cambiamento climatico».

Qual è la funzione della tua fotografia in questo contesto?

«La fotografia è solo un ingranaggio nella grande ruota del cambiamento. Ma il dialogo deve necessariamente trasformarsi rapidamente in un coro e in un urlo planetario da parte di tutti noi».

Nel tuo progetto The Day May Break, hai unito nelle stesse immagini il mondo animale e quello umano. Come se il loro destino fosse comune.

«Sì, esattamente. Le persone e gli animali sono fotografati insieme in questa nebbia, nella stessa cornice, semplicemente perché siamo tutti abitanti della stessa casa. Il nostro pianeta in realtà è molto piccolo e molto in pericolo. Siamo tutti connessi in questo momento di crisi senza precedenti».

La fotografia è ancora un mezzo potente per mostrarci tutti questi problemi?

«Spero proprio di sì. Altrimenti cosa starei facendo? Voglio dire, ogni persona creativa ha il proprio set di abilità attraverso il quale può sviluppare al meglio la propria ossessione, la propria passione. Per me è la fotografia».

Leggi l’intervista completa a Nick Brandt sul numero 333 de IL FOTOGRAFO, dedicato al rapporto tra uomo e ambiente. Lo trovi in edicola o a questo link.

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