18 Marzo 2020 di Redazione Redazione
La mostra è interamente dedicata al talento e alla visione di Peter Lindbergh, uno dei grandi maestri della fotografia di moda. Lo stilista Giorgio Armani celebra all’interno degli spazi dell’Armani/Silos di Milano, il lavoro dell’amico e partner professionale pluridecennale a poco meno di un anno di distanza dalla scomparsa. Intitolata Heimat. A Sense of Belonging, la mostra è un ampio excursus sull’opera di Lindbergh che ripercorre vari decenni del suo lavoro, dalle origini fino a oggi, tra foto iconiche e alcuni scatti inediti.

Tra natura e industrializzazione

Peter Lindbergh è nato a Leszno, in Polonia, nel 1944 e cresce nella Germania dell’Ovest, precisamente a Duisburg, nell’area della Renania Settentrionale della Ruhr. Questa è una regione dove la natura e lo sviluppo tecnologico si incontrano, stretta tra il romanticismo della foresta incontaminata e l’asprezza del modernismo degli insediamenti dell’industria pesante. Tale aspetto non è solo un semplice dato biografico, ma diventa fondamentale metabolizzarlo per poter apprezzare e comprendere fino in fondo le immagini, lo stile e la rivoluzione estetica che Lindbergh ha apportato alla cultura fotografica e della moda dagli anni Novanta a oggi. È in questo elemento conflittuale di frontiera che, diviso tra natura, cemento e metallo, il fotografo ha sviluppato il suo immaginario visivo. Nei suoi scatti, attrezzature tecniche, macchinari industriali, elementi tecnologici e della modernità sono componenti fondamentali, spesso utilizzati come quinte teatrali in contrasto con l’eterea e delicata bellezza delle modelle in posa.
© Peter Lindbergh

Uli Stein Meier, Lynne Koester, Cindy Crawford and Linda Evangelista, Paris, 1989 Uli Stein Meier, Lynne Koester, Cindy Crawford and Linda Evangelista, Paris, 1989 Uli Stein Meier, Lynne Koester, Cindy Crawford and Linda Evangelista, Paris, 1989 © Peter Lindbergh

La rivoluzione nella fotografia di moda

«Ritrarre una donna in un set realmente tecnico mi ha sempre affascinato», ha confessato l’autore in un’intervista apparsa nella rivista Mixte nel 1997, sciogliendo qualsiasi dubbio su eventuali letture fuorvianti della sua opera. Questa sua attrazione per la verità degli strumenti tecnici e meccanici, fino a quel momento per lo più apparsi nei racconti della fotografia documentaria da Lewis Hine fino ai coniugi Becher, è stata la chiave per aprire alla rivoluzione stilistica con la quale Lindbergh ha scardinato l’immaginario della fotografia di moda in gran parte caratterizzato da un’estetica artificiosa – ne sono un esempio gli scatti di Helmut Newton e di Guy Bourdin – dove le immagini risultavano per lo più delle mise en scène, dirette e senza filtri, di vere e proprie celebrazioni della sessualità e della sensualità dell’apparenza. Dagli anni Ottanta e in particolar modo negli anni Novanta, Lindbergh, in mezzo a tanta celebrazione dell’eccesso e della provocazione, si distinse per il suo realismo e per l’approccio analitico alla moda. Molti dei servizi di quegli anni, infatti, si presentavano come una sorta di documentazione di ciò che normalmente accade in un set fotografico, con le modelle che si aggiravano rilassate fra impianti luci e pannelli riflettenti del backstage. Il suo è un racconto che guarda all’onestà della cruda bellezza nella più totale spontaneità, senza alcun ricorso ad artifizi e forzature.  Forte di questa propensione alla verità e all’anima, alla ricerca dell’onestà in opposizione all’artificio, ha dato vita a una stretta e profonda collaborazione, iniziata negli anni Ottanta e durata fino ai nostri giorni, con lo stilista italiano Giorgio Armani – uno dei più fortunati legami creativi della storia della moda –.

L’esposizione

Curata personalmente da Giorgio Armani in collaborazione con la Fondazione Peter Lindbergh, la mostra mette in evidenza le straordinarie affinità tra due figure visionarie. Questa infatti non solo rivela un consolidato rapporto professionale, ma ne svela anche una grande amicizia e una profonda stima reciproca durata nei decenni. Divisa in tre sezioni (The Naked Truth, Heimat e The Modern Eroin), è una vera e propria celebrazione di Lindbergh per il suo interesse alla personalità e per la propensione alla verità che lo hanno sempre contraddistinto dai suoi colleghi.
Info sulla mostra

Quando: Dal 22 febbraio fino al 2 agosto
Dove: Armani/Silos, Via Bergognone 40, Milano
Orari: Da mercoledì a domenica ore 11-19
Ingresso: 12 euro
Email: info@armanisilos.com
Web: http://www.armanisilos.com

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