25 Giugno 2021 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Fino al 3 ottobre, Villa Fabbri a Trevi ospita Pepi Merisio. Gioco!, la prima esposizione realizzata a pochi mesi dalla scomparsa del celebre fotografo. Cinquanta fotografia in bianco e nero e a colori per rendere il giusto omaggio a una figura un po’ defilata nel panorama dei grandi fotografi italiani. Ma che, allo stesso tempo, fotografando quasi esclusivamente l’intero territorio italiano, ha saputo restituire un mosaico vivido e sfaccettato del nostro Paese. In particolare attraverso la dimensione del gioco, filo rosso che unisce le immagini in mostra.

pepi merisio

Pepi Merisio, Sulla spiaggia, Tropea, 1979 © Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

Pepi Merisio e il gioco

Spiega il curatore Flavio Arensi: «[…] Il gioco è l’alfabeto più immediato, quello che toglie i protagonisti dalla necessità di sentirsi in un ruolo predefinito, mettendoli nella condizione di rivelarsi. Il lavoro di Merisio ha per lo più questo indirizzo: lasciare che le cose accadano, si rivelino per quello che sono, mentre sta all’osservatore cercare di capire ciò che vede stampato».

«[…] I ragazzi del Rione stella, i seminaristi che giocano a basket, gli orchestrali che attendono la scena giocando a scacchi, come la madre carica di legna e il figlio con la piccola gerla vuota che gioca alla fatica della vita, sono scorci o paradigmi della nostra esistenza. Ognuno con il suo portato di felicità e persino amarezza: il gioco finisce, si deve tornare a casa, ai compiti, al lavoro, alla normalità. Il gioco, in tal senso, è quell’attimo eroico e atemporale in cui ci si immerge per mettere uno stacco dalla cronaca ed entrare nella propria storia».

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Pepi Merisio , Basket in Seminario, Bergamo, 1964 © Pepi Merisio – Museo delle storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini

Attraverso il gioco, Pepi Merisio racconta un pezzo di storia reale della nostra Italia. Gli scatti, oltre a immortalare il gioco delle carte, quello del pallone, le corse per strada, gli svaghi di bambini e adulti, documentano la quotidianità degli italiani, dagli anni del boom economico agli anni Ottanta. Tutto questo, afferma Arensi, «è la dimostrazione di un attento vaglio antropologico, quello che negli anni lo ha condotto a raccontare i territori e le loro genti».

L’autore

Pepi Merisio (Caravaggio 1931 – Bergamo 2021) inizia a occuparsi di fotografia come autodidatta nel 1947. Progressivamente diventa protagonista del mondo amatoriale degli anni Cinquanta. Nel 1956 avvia la sua collaborazione con il Touring Club Italiano e in seguito con numerose riviste, tra cui Camera, Pirelli, Look, Famiglia Cristiana, Stern, Paris – Match. Nel 1962 passa al professionismo e l’anno seguente entra nello staff di Epoca.

La tradizione contadina e popolare della provincia e il variegato mondo cattolico sono i soggetti privilegiati di numerosi tra i suoi scatti. Nel contempo avvia un’intensa attività editoriale. Caposaldo della sua attività di narratore per immagini è l’opera Terra di Bergamo in tre volumi, edita nel 1969 per il centenario della Banca Popolare di Bergamo. Da allora pubblica oltre 150 libri fotografici con diversi editori.

Nel 2007 la FIAF gli dedica il volume Grandi autori dopo averlo nominato nel 1988 Maestro della Fotografia Italiana. Si è spento a Bergamo il 2 febbraio 2021.

Info

Nei mesi di giugno, luglio, settembre, ottobre la mostra è aperta dal martedì alla domenica ore 11-20. Ad agosto dal martedì al giovedì dalle 11 alle 20; venerdì, sabato e domenica dalle 11 alle 23.

Maggiori informazioni: www.museitrevi.it

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