19 Novembre 2019 di Vanessa Avatar

“And behold / The blue planet steeped in its dream / Of reality, its calculated vision shaking with the only love”: la rivista LIFE, nel primo numero del 1969, scelse questi versi del poeta James Dickey per accompagnare la fotografia a doppia pagina della Terra, parzialmente in ombra, con in primo piano la superficie lunare. Una speciale “alba” immortalata il 24 dicembre del 1968 dall’astronauta William Anders nel corso della missione Apollo 8. Erano trascorse 75 ore, 48 minuti e 41 secondi da quando la navicella aveva lasciato la rampa di lancio di Cape Canaveral. Durante il quarto dei dieci giri intorno alla Luna previsti dalla missione, emergendo dal lato oscuro del nostro satellite, i tre astronauti Frank Borman, Jim Lovell e William Anders si trovarono di fronte a uno spettacolo da togliere il fiato: la Terra, un globo azzurro, sembrava sorgere dal nero circostante. Afferrata la sua Hasselblad, Anders scattò la prima fotografia a colori del nostro pianeta dallo spazio.Classificata dalla NASA come AS8- 14-2383HR, la fotografia cominciò a essere conosciuta con il titolo Sorgere della Terra (Earthrise in inglese). Ritenuta una delle immagini più influenti mai scattate, nel 2003 fu inclusa da LIFE nel novero delle “100 fotografie che hanno cambiato il mondo”, al fianco di scatti iconici quali Flag Raising on Iwo Jima di Joe Rosenthal e Migrant Mother di Dorothea Lange. Va proprio a questo scatto, così come ad altri filmati e immagini realizzati dagli astronauti della missione Apollo 8, il merito di aver mostrato il nostro pianeta come un “organismo” fragile ma in perfetto equilibrio, un organismo che tutti noi abbiamo il compito di preservare per le generazioni future. Scriveva Archibald MacLeish, il 25 dicembre del 1968, sulle colonne del New York Times: “Vedere la Terra come veramente è – piccola e blu e bella nell’eterno silenzio in cui fluttua – è vedere noi stessi, tutti insieme, come cavalieri sulla Terra, fratelli consapevoli di essere tali”.

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