22 Marzo 2019 di Vanessa Avatar

Anche se già nel 1912 (per la precisione, il 5 marzo) ebbe luogo per iniziativa dell’Esercito Italiano la prima missione fotografica di guerra al mondo, fu con la Prima Guerra Mondiale che questa specialità divenne una pratica diffusa e articolata. Dal volo di quei due dirigibili, che portavano le sigle P.2 e P.3, che sorvolarono la zona di Zamburi in Libia, per effettuare una “ricognizione con rilievi fotografici del territorio nemico” alle riprese aeree del 1914 erano passati, in fondo appena pochi mesi. Ma, sotto l’impulso delle esigenze belliche, il salto della tecnologia delle riprese e delle stesse attrezzature fu in realtà enorme. Per limitarsi al solo fronte italo-austriaco, bastano poche cifre a dimostrarlo. Le fotocamere aeree, sempre più efficienti, leggere e maneggevoli, in dotazione all’Esercito Italiano passarono dall’esiguo numero di 22 del 1915 alle 391 del 1917. Il neonato Reparto Fotocinematografico del Regio Esercito prese così a cimentarsi in ogni genere di specialità, dai complessi mosaici fotografici necessari per il servizio di ricognizione alla documentazione degli scontri, dei bombardamenti e dei danni che le azioni belliche provocavano. Dall’altra parte del fronte, la sola Aeronautica austriaca arrivò, verso la fine della guerra, qualcosa come 4mila fotografie aeree al giorno. Aggiornando l’intera mappa dei fronti di sua competenza almeno ogni 15 giorni. Un record di ampliamento superato dalle più ricche e numerose flotte aeree tedesca, inglese, francese e statunitense. In poco tempo, la tecnologia portò a sviluppi prima di allora impensabili: basti citare, a questo proposito, che la creazione della “quasi perfetta” fotocamera Laica porta la data del 1914. Fu l’inizio di una cavalcata travolgente: di guerra in guerra, la fotografia aerea ha affinato sempre più metodi e strumenti. Fino ad arrivare ai sofisticati sistemi di sorveglianza e controllo fotografico satellitare a disposizione degli eserciti di oggi.

 

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