Il 25 e 26 marzo 2022 il Collettivo TIFF propone un weekend di fotografia e musica. In programma reading, letture portfolio e talk.
Un weekend di fotografia e musica
Venerdì 25 marzo, ore 21, il weekend si apre con un reading per chitarra e fotografie. Luca Nizzoli Toetti presenta il suo ultimo libro fotografico, Europa Texas (Postcart Edizioni), e Denis Alessio suona tre chitarre (dobro, acustica e lap steel).
Sabato 26 marzo (mattino e pomeriggio, fino alle 18.00) i soci del Collettivo TIFF potranno partecipare alle letture portfolio con l’editore Claudio Corrivetti. Alle ore 18.00, Corrivetti presenterà la sua casa editrice, Postcart Edizioni, spiegando come nasce e si sviluppa un progetto. Rimarrà poi a disposizione del pubblico per rispondere a domande e curiosità.
Gli eventi si terranno presso lo SPAZIO BFT a Piacenza (vicolo Edilizia 25).
Europa Texas di Luca Nizzoli Toetti
intervista a Luca Nizzoli Toetti a cura di Manuela De Leonardis (pubblicata su IL FOTOGRAFO 330)
Nella terra dei cowboy, come su un set cinematografico, l’imprevisto è in agguato. Viaggiare è punto di partenza e d’arrivo nella mappatura di toponimi al di là dell’Oceano. Momenti vissuti e narrati dall’autore con entusiasmo e ironia attraverso l’uso del plurale per una condivisione più partecipativa.
«Viaggiare è una benedizione», scrive Nagib Mahfuz. Quali sono per te i maggiori benefici del viaggio?
«Di certo non ha controindicazioni! Nel periodo storico che stiamo vivendo, il beneficio del viaggio sta anche nell’uscire di casa per andare dal fruttivendolo. Un viaggio che può essere occasione d’incontro, di riscoperta e anche un allenamento, soprattutto per noi fotografi, ad avere sempre uno sguardo nuovo».
Europa Texas, concepito come un diario di viaggio, è l’ultimo capitolo della trilogia che dall’Europa, dopo Almost Europe (2013) e Still Europe (2017), ti ha portato negli Stati Uniti. Qual è il percorso di questi libri realizzati con l’editore Claudio Corrivetti/ Postcart?
«Questa trilogia è durata quasi dieci anni. Un lungo periodo in cui sono cambiate tantissime cose. Anch’io sono cambiato moltissimo, il mio modo di fotografare, d’intendere il lavoro. Sono partito con il primo libro in cui pensavo che viaggiare fosse già di per sé un gesto rivoluzionario. Con Almost Europe sono andato a cercare l’Europa lì dove ancora non era arrivata. Ho rivendicato il libero movimento all’interno degli spazi urbani e anche il mio ruolo di esploratore, il desiderio di libertà errabonda che ho messo in atto semplicemente camminando e fotografando. Avevo a fianco Mario Dondero che mi ha aiutato per l’editing delle fotografie. Inoltre, ha scritto la prefazione del libro. È stata una bella esperienza. Insieme alle parole di Mario c’erano quelle di Sergio Romano che, essendo stato ambasciatore in Russia fino alla caduta del muro, hanno descritto in maniera molto precisa l’ambiente che avevo trovato e che rappresentavo con le mie fotografie».
«Nel secondo libro, Still Europe, volevo vedere a che punto era l’Europa dal momento che ero cresciuto, come tanti della mia generazione, sentendomi dire che tutto ciò che è europeo era bello e progressista. Ho attraversato quasi quaranta città viaggiando in autobus e in treno per sedicimila chilometri. Anche per questo libro ho avuto la fortuna di avere una collaborazione come quella con Zygmut Baumann che ha parlato dell’uniformità e del vuoto culturale come dei due orchi contro cui è necessario dichiarare e condurre una guerra all’ultimo sangue per salvare la ricchezza della differenza che caratterizza quanto c’è di importante nella cultura umana. Avrei potuto concludere il progetto con questo libro, invece ho sentito la necessità di continuare il viaggio dove noi stessi abbiamo portato l’Europa».
«Ho circoscritto il Texas, che è il secondo stato più grande degli Stati Uniti dopo l’Alaska, lo stato della stella solitaria. Non mi interessavano tanto le associazioni di italiani all’estero, il giorno di San Patrizio o le statue di Cristoforo Colombo, ma le città che portano gli stessi nomi di quelle che avevo già fotografato in Europa. Ho trovato un mondo incredibile! Ci sono tantissime città con toponimi europei: Odessa, Roma, Parigi, Belgrado, Stoccolma».
Che valenza hanno le tue parole insieme alle fotografie?
«Ho voluto e dovuto scrivere per contestualizzare il tutto perché non bastava fare semplicemente un raffronto tra il London Bridge di London (UK), che alle 7 del mattino è pieno di pendolari che lo attraversano per andare verso la City, che è una delle prime fotografie di Still Europe, e London, in Texas, che ha 150 abitanti e ha una via principale dove non c’è nessuno. Sarebbe stato fin troppo facile fotografarle con la stessa prospettiva e metterle una di fronte all’altra. Sarebbe finito tutto in un sorriso. Ho cercato e studiato, invece, le storie, andando negli archivi. In America tutto fa storia! Sono racconti che ho unito alla mia esperienza di viaggio cercando di rappresentare le tante sfaccettature della società texana e, più in generale, di quella americana».
Immagini in cui affiora anche un lato grottesco. Quanto all’ironia è sottolineata quando scrivi «In ogni caso sappiatelo, camminare in Texas è sospetto».
«Anche nei primi due libri ho cercato di rappresentare la realtà alleggerendola e sdrammatizzando attraverso lo scherzo visivo o, comunque, un ragionamento che non è sempre quello dell’analisi antropologica. Che si dica che le mie foto sono grottesche mi fa un piacere immenso, perché credo che la comicità sia una delle arti più alte. Scrivo che camminare in Texas è sospetto perché a Naples-Napoli, un paese di mille abitanti dove forse non avevano mai visto due turisti, qualcuno ha chiamato la polizia non appena ha notato che c’erano dei forestieri che camminavano per strada. È arrivato subito lo sceriffo che è stato molto gentile. È sceso dal suo macchinone e ci ha chiesto chi fossimo. Gli ho spiegato che eravamo italiani e che volevamo vedere Napoli e quella era Napoli! Credo che stia ancora ripensando alle mie parole. Poi, però, lo sceriffo Hunt si è messo in posa – da sceriffo, naturalmente – e tutto è finito a tarallucci e vino».
Parli al plurale, in viaggio chi era l’altra persona?
«Era l’autista, ma non viene mai citata. Ho scritto tutto al plurale per coinvolgere i lettori, perché fossero in viaggio con me. Comunque, l’altra persona che dici tu è la mia compagna Cristiana Conti Borbone che ha guidato per seimila miglia».
La tua fotografia, rigorosamente in bianco e nero, è documentaristica. Lo stesso Gianni Berengo Gardin ti ha definito il suo erede, un passaggio del testimone impegnativo.
«Sì, abbastanza. Gianni è sempre stato molto indulgente con le mie fotografie. Ci siamo conosciuti a Roma nel 2014 alla premiazione del Premo Marco Bastianelli che quell’anno avevamo vinto entrambi. Lui con Il racconto del riso e io con Almost Europe. In quell’occasione ha avuto modo di vedere le mie fotografie. E io le sue – guarda caso, le conoscevo già! –».
«Rispetto all’utilizzo del bianco e nero, la scelta dipende dalla considerazione che, avendo a che fare con un pubblico di pigri, come lo sono le nuove generazioni – anche i nostri occhi sono resi pigri –, questo linguaggio costringe in qualche modo a fare uno sforzo, a impegnarsi un pochino rispetto a ciò che si sta guardando. Poi c’è il discorso sulla sintesi dell’immagine, però questa è una conseguenza».