21 Giugno 2020 di Redazione Redazione
Fotografia e romanticismo possono andare mano nella mano. Ma che succede quando invece… togliamo la poesia? Ecco la riflessione di Michael Freeman in proposito.

Per una volta ho pensato di proporre un approccio ruvido e di non mettermi a vagheggiare di eterea espressione creativa! L’attesa della musa è una delle idee peggiori per la creatività di ogni tipo, compresa quella fotografica. Quante volte abbiamo sentito parlare della “musa” come di una valida spiegazione per un’opera d’arte? Sembra bello, romantico e profondo contare su uno spirito incarnato che appare quando ci serve ispirazione. Potrebbe anche esserlo davvero, ma il problema di questo tipo di filosofia è che diventa una buona scusa per non lavorare… Chuck Close, fotografo e pittore fotorealista americano, l’ha messa giù un po’ dura: “L’ispirazione è per i dilettanti, il resto di noi si presenta e si mette al lavoro”.

L’unico strumento giusto

È un po’ uno schiaffo in faccia, vero? Cancella di botto tutto il mistero di cui i creativi amano ammantarsi: se una frase del genere fosse stata pronunciata da un artista di minor calibro, molti l’avrebbero ignorata. Close precisa: “Se state lì ad aspettare che le nubi si aprano e un fulmine vi colpisca, finite per non lavorare poi molto. Tutte le idee migliori nascono nel processo, nascono dal lavoro stesso”. L’ultima frase è la vera lezione, soprattutto per i fotografi. Vuole dire che nel processo di fare qualsiasi cosa (nel nostro caso, di fotografare) sviluppiamo idee e scopriamo cose, per esempio troviamo nuove composizioni, cogliamo collegamenti visuali nell’inquadratura e così via. Rispetto a qualsiasi altra attività creativa mi venga in mente, noi abbiamo un vantaggio: la fotocamera. La prendiamo in mano, guardiamo nel mirino e siamo già a metà strada. Non è la stessa cosa con una penna (o una tastiera) – e posso assicurarvelo perché sono sia scrittore sia fotografo. La fotocamera cattura un’immagine perfettamente formata con la sola pressione dello scatto e questo semplice fatto è un grande catalizzatore. L’immagine può non valere nulla, ma è un punto di partenza su cui possiamo lavorare e che possiamo migliorare.

Timbriamo il cartellino

La maggior parte di noi ha giornate nelle quali non si sente “ispirato”. Solo che i professionisti e i fotografi motivati non godono del lusso di poter aspettare un giorno migliore. Abbiamo un’agenda da rispettare, o magari anche solo un impegno preso con noi stessi, e dobbiamo alzarci e sperare che il processo di scatto ci aiuti a fare la nostra parte. L’immagine di apertura articolo è stata realizzata in una giornata in cui proprio non avevo voglia di lavorare, capita. Ero a Bruxelles e per un motivo o per l’altro non mi andava di andare in giro a fotografare. Arrivato il tardo pomeriggio, un momento sempre buono per scattare in città, mi sono appoggiato alla stampella offerta da un vecchio 500 mm catadiottrico con cui stavo sperimentando, sapendo che come minimo mi avrebbe spinto a cercare cose, come fanno sempre le lunghe focali.  Sono partito da un bar all’aperto in Place Sainte-Catherine e mi ci è voluta una buona mezz’ora per smettere di rognare e cominciare a concentrarmi. Il processo, come garantito da Close, aiuta sempre. In questo caso, senza muovermi dal mio tavolino, guardavo le persone e ho cominciato a vedere possibilità, come questo signore così espressivo. Tirarsi su di morale a volte è semplice e questa è solo una delle molte volte in cui ho tirato avanti meccanicamente, anziché arrendermi alla fallacia dell’ispirazione. Non varrà per tutti, ma può funzionare per molti. Possiamo anche fare un passo in più e cominciare a nutrire qualche sano sospetto verso la parola “arte” – faccio notare che Close parla di “lavoro”, non di “arte”. Non voglio generalizzare contro i fotografi artistici, ma se cominciate a sentirvi un po’ troppo compiaciuti rispetto al valore e allo scopo delle vostre immagini, anche questo atteggiamento può diventare un ostacolo. Spero che un’altra citazione non vi sembri troppo, perché il classico slogan di Nike, “Just Do It”, può fare meraviglie!

Michael Freeman

 
Fotografo britannico di viaggi, architettura e arte orientale, è autore di manuali di grande successo. Info suwww.michaelfreemanphoto.com

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