3 Agosto 2016 di Redazione Redazione

«La fotografia è sofisticata come la musica quando la capisci» Andy Summers

di Giovanni Pelloso


© Andy Summers

© Andy Summers


Considera la fotografia come la controparte visiva della musica. A emergere dalle sue immagini è una linea melodica convulsa, un accordo scuro, con poche note, quasi astratto. Anche quando era impegnato nei tour mondiali, Andy Summers amava utilizzare questo linguaggio visivo per descrivere il suo rapporto con la realtà, per definire la propria posizione di fronte alle cose e al mondo. Dall’altopiano della Bolivia ai vicoli del Golden Gai di Tokyo, dalle strade di Napoli alle vedute di Shanghai, i quaranta scatti in bianco e nero esposti recentmente nelle belle sale della Leica Galerie (a pochi passi dal Duomo) offrono la testimonianza del lavoro di un apprezzato professionista, di un autore internazionale che desidera allontanarsi il più possibile dai percorsi turistici e aprire una porta verso un territorio che ammette il surreale e l’ambiguo con sfumature oscure e note malinconiche. Ciò che appare è un ensemble ricco di riferimenti alla sua vita di musicista e di autore sempre in viaggio. La fotografia si rivela come una naturale estensione di sé e l’espressione di ciò che ha vissuto. È il suo modo di attraversare le strade e le piazze, di fare esperienza della realtà (così come arriva). «È un altro tipo di espressione – racconta –, come la musica, molto naturale per me. Eccitante. Non è un hobby. Ti devi sentire coinvolto, sentire la passione; credo che sia un modo di sostenere la vita».
© Andy Summers

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«La musica e la fotografia sono spiriti affini nell’essere arti non verbali, ma facilmente possono avere termini intercambiabili» Andy Summers

Quale fotografia predilige?
«Non sono interessato al reportage, la mia fotografia è più vicina a un viaggio emotivo. Non sono coinvolto come fotografo a formulare delle dichiarazioni politiche attraverso le mie immagini; sono più stimolato a creare un’espressione artistica che è più vicina alla musica e soprattutto al tipo di musica che mi appassiona in questo momento. Non sono attratto dalla street photography anche se continuo a girare il mondo. Cerco un immaginario più astratto e surreale. Credo sia molto importante anche la composizione della sequenza che, specialmente in un libro e nel percorso espositivo, diventa una dichiarazione. Se penso a Mysterious Barricade, ciò che appare è un sentire più mistico, astratto. Le immagini rivelano il loro essere, sono delle domande aperte senza risposta. Ti fanno quasi capire cosa sta succedendo. Sei tu, poi, a decidere se camminarci dentro oppure no.>>

© Andy Summers

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«Al salire della pressione attorno alla band, la fotografia era diventata un mondo privato dove mi potevo ritirare» Andy Summers


Fotografia e musica sono due passioni nate in età giovanile?
«La fotografia mi ha affascinato da sempre. Se avessi preso in mano prima la macchina fotografica della chitarra forse sarei diventato un fotografo, ma a quel tempo ero troppo attratto dalla musica».
Quali sono gli autori che inizialmente l’hanno ispirata?
«Molti. Quando sei così coinvolto è naturale guardare il lavoro degli altri, allo stesso modo è stato così per la musica. Sono sempre stato molto curioso e ho ascoltato ogni genere musicale, non solo pop, ma anche jazz e classica. Ho esplorato varie possibilità. Poi, nel percorso artistico, a un certo punto, si deve decidere cosa si vuol diventare e cosa piace o non piace. Amo Robert Frank, Ralph Gibson, Diane Arbus, Cartier-Bresson e Robert Capa. Nella crescita, con gli anni, il processo creativo si affina sempre di più. Oggi, mi permetto di non farmi piacere tutto».

© Andy Summers

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«Musica e fotografia si fondono. I tour iniziano a distendersi come un rotolo di pellicola. Sogno attraverso la lente» Andy Summers


© Andy Summers

© Andy Summers


Fotografa solo in bianco e nero?
«La fotografia esiste per me solo in bianco e nero. La fotografia è in bianco e nero. Il colore è qualcos’altro. È un’immagine costruita».


Andy Summers

photo by Mo Summers

photo by Mo Summers


È nato e cresciuto nella cittadina di Bournemouth, nota località turistica dell’Inghilterra meridionale. È diventato famoso nei primi anni Ottanta come chitarrista della storica rock band dei Police. Il suo talento alla chitarra caratterizzò lo stile del gruppo, in particolare in Message in a Bottle, Don’t Stand So Close to Me ed Every Breath You Take. Nel 2006 ha pubblicato la sua autobiografia One Train Later che ha riscosso grande successo tra il pubblico, risultando il miglior libro dell’anno nel Regno Unito. Ha esposto alla Leica Gallery di Los Angeles, al Paris/LA Independent Photo Show, alla Kunst.Licht Gallery a Shanghai, al China Culture Center (CCC) a Beijing e alla Photokina (Colonia, Germania). È entrato nella Rock and Roll Hall of Fame e nella Guitar Player Hall of Fame, oltre ad aver ricevuto le chiavi della città di New York. È stato nominato cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere dal ministro della cultura francese.

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