4 Agosto 2021 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Il 4 agosto 2020, l’esplosione del porto di Beirut, in Libano, causava 207 morti, 6.500 feriti e 300mila sfollati. Un evento drammatico che ha ulteriormente aggravato la situazione del Paese, già piegato da una crisi socio-economica di lungo periodo, dalla pandemia e dagli effetti della crisi siriana. Il Libano conta, infatti, sul suo territorio circa 1,5 milioni di rifugiati contro una popolazione stimata di 4,2 milioni di libanesi.

Beirut, un anno dopo

A un anno di distanza, WeWorld – organizzazione che da cinquant’anni difende i diritti di donne, bambini e bambine in 27 Paesi – ha voluto riportare l’attenzione sul Libano. Lo ha fatto attraverso il toccante video-racconto della fotografa internazionale Francesca Volpi, che ha ritratto le condizioni della popolazione libanese stremata.

Beirut

© Francesca Volpi

Come spiega Vincenzo Paladino, ECHO Program Manager di WeWorld, «Il settore bancario libanese è sull’orlo del collasso. Il tasso di disoccupazione è aumentato del 50% nei settori commerciali. Il tasso di povertà ha ormai superato il 50%. Sia i rifugiati siriani che la popolazione libanese sono a rischio sicurezza alimentare e hanno urgente bisogno di vedere garantiti la propria sicurezza alimentare, l’accesso ai servizi e la copertura delle spese di base».

Dopo il 4 agosto 2020 WeWorld, già presente in Libano con progetti di sostegno alla popolazione e ai rifugiati, si è attivata anche per sostenere le famiglie colpite dall’esplosione a Beirut, rendendo nuovamente disponibili 174 appartamenti di famiglie vulnerabili, una libreria e un parco pubblico danneggiati dall’esplosione, e fornendo assistenza economica a 319 famiglie.

Beirut

© Francesca Volpi

Se non arriveranno aiuti esterni, lo Stato libanese presto non sarà in grado di rispondere ai bisogni primari della popolazione, presenti ben prima dell’esplosione, e a fornire servizi essenziali come acqua ed energia. Conclude Stefania Piccinelli, responsabile dei programmi internazionali di WeWorld: «Ora più che mai serve intervenire in modo ampio, non solo sulle conseguenze dell’esplosione ma su tutte le criticità che da anni rendono difficile la vita delle comunità in Libano. Criticità che l’esplosione ha reso più aspre ed evidenti, insieme agli effetti della pandemia che stanno devastando il Paese».

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