Chi non salta – Calcio. Cultura. Identità è la mostra fotografica dedicata al calcio come espressione dell’identità individuale e collettiva in scena al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (MI) fino al 24 ottobre 2021.
Ecco un approfondimento a cura di Manuela De Leonardis
Palla contesa. Il calcio giocato e guardato
Fabio Mauri ricordava sempre con emozione l’amico carissimo Pier Paolo Pasolini nel periodo bolognese, quando nel 1942 furono tra i giovanissimi fondatori della rivista Il setaccio. Nel 2004 così lo rievocava in occasione di un’intervista: «La limpidezza letteraria è stata la sua prima passione e l’adozione del dialetto una delle sue prime azioni linguistiche. Insieme andavamo a giocare a calcio, a sciare, a ballare. Pasolini ballava benissimo e quanto ridevamo!»
I due intellettuali si sarebbero incontrati nuovamente a Roma, dove Pasolini si trasferì nel 1950 e Mauri nel 1957. Anche allora la passione per il calcio non aveva perso intensità per Pier Paolo Pasolini che celebrava questa ritualità con il pensiero e con l’azione, scendendo in campo con una certa assiduità anche quando era in giacca e cravatta. Così lo ritrae Federico Garolla nel quartiere di Centocelle nel 1960. Uno scatto in bianco e nero che proviene dalle collezioni del MUFOCO in cui il fotogiornalista napoletano coglie nella spontaneità del momento un guizzo di estrema libertà.
Sul rito, Pasolini si era espresso senza mezzi termini affermando che «il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».
Chi non salta. Calcio. Cultura. Identità: la mostra
Questa frase pregna di significati, insieme ad altre citazioni dello stesso autore, offre una possibile chiave di lettura della mostra Chi non salta. Calcio. Cultura. Identità, ideata e prodotta dal Museo di Fotografia Contemporanea in collaborazione con MUCEM Marseille, Fondazione Nuovi Mecenati, Institut FranНais Milan insieme al Comune di Cinisello Balsamo.
La mostra avrebbe dovuto respirare la festosità di UEFA EURO 2020 se non fosse intervenuta la pandemia che, con i suoi risvolti drammatici, ha fatto slittare di un anno il Campionato Europeo di Calcio, facendo inevitabilmente ripensare anche il percorso espositivo con un tono diverso dall’iniziale leggerezza e spensieratezza.
«La mostra non parla del calcio business e del calcio spettacolo, ma ha comunque quel taglio collettivo, partecipativo e sociale che hanno tanti dei nostri progetti», afferma il curatore Matteo Balduzzi. Se da una parte le collezioni del museo rappresentano un corposo nucleo della mostra a partire dalle foto sul paesaggio italiano in cui sono visibili gli elementi iconografici del calcio realizzate in tempi diversi da autori come Gabriele Basilico, Mimmo Jodice, Guido Guidi, Mario Cresci, Gianni Berengo Gardin, Olivo Barbieri, Giovanni Chiaramonte e Paola Di Bello, dall’altra, nuovi lavori di artisti visuali più giovani che utilizzano linguaggi contaminati, tra cui The Cool Couple, AS Velasca, Giulia Iacolutti e Marangoni 105, sottolineano l’importanza dell’interazione con il pubblico. La relazione è esemplificata anche dalla produzione di laboratori didattici/sportivi di calcio e fotografia.
Il calcio può essere guardato e giocato. Intorno a questo duplice tema che implica anche una riflessione di natura politica, oltre che sociale anche quando si affronta la questione del fenomeno del tifo portato all’estremo dagli ultras, è costruito l’impianto concettuale di Chi non salta. Calcio. Cultura. Identità.
Tra i diversi lavori provenienti dalle collezioni del MUFOCO sono presenti anche le fotografie in bianco e nero di Ando Gilardi scattate tra il 1956 e il 1957 a Venosa Jonica e Albano di Lucania al seguito del sociologo Ernesto de Martino e gli inediti di Mario Cattaneo degli anni Sessanta con quello sguardo rispettoso nel cogliere l’intimità dei giocatori negli spogliatoi nel momento in cui la tensione agonistica si è allentata.
Nel video Calciatori della domenica (2006) di Hans van der Meer, che focalizza l’attenzione sui frammenti narrativi del rettangolo di gioco – sono campi di calcio dell’area milanese e lombarda –, l’approccio visivo è integrato dalla componente sonora: fischi, calpestio e voci. L’ambiguità tra fede calcistica e fede religiosa attraverso l’armonia musicale di un coro associato agli slogan appartiene, invece, a Ruth Beraha la cui installazione sonora Non sarai mai solo (2019) nasce dalla performance realizzata dall’artista nella chiesa dell’Assunzione della Vergine e di San Giuseppe detta del Luogo Pio a Livorno il 30 aprile 2019.

Walter Battistessa, Lo stadio, 1973 – Fondo Lanfranco Colombo, Regione Lombardia / Museo di fotografia contemporanea
A introdurre il tema del tifo legato alla politica, tanto più che gli scatti che risalgono al 1973 riflettono il clima della contestazione di quegli anni, è Walter Battistessa con la serie Lo stadio proposta nell’allestimento originale prodotto per la mostra coeva alla galleria Il Diaframma di Lanfranco Colombo. Il calcio è proprio il punto focale della proiezione del singolo nel suo riflettersi nella società. Ciò implica anche i sentimenti più «esplosivi» di rabbia, violenza, aggressività di una vita ai margini che urla la propria esistenza.
Senza porre etichette il regista Daniele Segre entra nel cuore della tifoseria ultras juventina e torinese con la serie in bianco e nero Ragazzi di stadio (1979), nata all’interno di un racconto che si sviluppa attraverso i suoi film Il potere deve essere bianconero (1977) e Ragazzi di stadio (1980), a cui segue Ragazzi di stadio 40 anni dopo (2018), «un lavoro senza filtri, senza pregiudizi e senza retorica che costituisce un documento imprescindibile sul fenomeno, un lavoro pionieristico che viene ancora oggi riconosciuto come fondante dalla stessa cultura del tifo organizzato».

Daniele Segre, Ragazzi di stadio, 1979 – Courtesy MUCEM, Marseille
Certamente il lavoro di Segre è fonte d’ispirazione anche per Gioventù Ultras (Ultras Youth), il progetto ongoing iniziato nel 2016 dal fotografo Giovanni Ambrosio con il sociologo Sébastien Louis, autore del saggio Ultras. Gli altri protagonisti del calcio, che ha l’ambizioso obiettivo di creare un grande archivio di materiali eterogenei (striscioni inclusi) che provengono dalle curve degli stadi di tanti Paesi europei e nordafricani, arrivando anche in Indonesia, frequentati da un pubblico non solo maschile. Il calcio è visto anche come espressione della rivendicazione di genere là dove la condizione della donna è ancora condizionata dall’uomo.
«Al cuore valoroso niente d’impossibile», si legge su una sciarpa da stadio. Un messaggio decisamente incoraggiante.
Ingresso gratuito – www.mufoco.org