Dopo un decennio passato in Europa, Berenice Abbott tornò nel 1929 a New York, portando con sé 1.400 negativi e 7.800 positivi dell’archivio di Eugéne Atget, conosciuto quando era assistente di Man Ray a Parigi. La fascinazione per la fotografia di Atget sarà determinante per il lavoro di Abbott, che si spenderà per farne conoscere l’opera, pubblicando, con il gallerista Julien Levy, Atget Photographe de Paris. «Dopo 10 anni vedevo la città con occhi nuovi. Dopo tutto, io sono americana e New York era parte di me e io parte di essa e volevo fare a New York quello che Atget aveva fatto a Parigi». È questo il progetto che la impegnerà ossessivamente per dieci anni: fotografare, con la sua Universal Century 20x25cm, il rapido e brutale cambiamento della città. Il progetto si scontrò con la Grande Depressione, seguita al crollo di Wall Street e solo dal 1935 Berenice Abbott riuscì a lavorare sistematicamente a Changing New York , grazie al Federal Art Project, in aiuto agli artisti disoccupati, che le fornì la consulenza di ricercatori di storia dell’architettura, un’auto con autista, assistenti e una camera oscura. Nel 1937, 302 fotografie furono infine esposte al Museum of the City of New York. L’editore Dutton propose di farne una pubblicazione in occasione della World Fair del 1939. Il testo, politicamente impegnato e l’impaginazione modernista della compagna di Abbott, Elizabeth McCausland, vennero rifiutati dall’editore che voleva farne una semplice guida della città nuova.
Berenice Abbott, Changing New York
Abbott realizzò la grafica della sovraccoperta e la McCausland si limitò alla compilazione delle didascalie. Dal corpus iniziale furono scelte 97 fotografie, privilegiando le immagini di architettura rispetto a quelle animate dal popolo di New York. L’impaginazione convenzionale non offusca, comunque, l’importanza di Changing New York , esempio della migliore Fotografia Documentaria, ancora oggi oggetto di ricerche e studi. Antonello Frongia in Fotografia Documentaria e Modernismo “Transatlantico” ne sottolinea le influenze e contaminazioni tra culture fotografiche europee ed americane. Takayuki Yamada in An analysis on Berenice Abbott’s Changing New York. People and Live of Heterogeneous City del 2016, ne sottolinea il ritmo e le vibrazioni del dinamismo della città: corpo materiale di mattoni, pietra, acciaio, vetro, legno, attraversato dalla linfa organica e vitale dell’umanità di donne e uomini delle più disparate classi e origini sociali. Per la storica dell’arte Sarah Miller, Berenice Ab- bott individua un equilibrio dinamico tra moderno e antico: una visione che produce una nuova forma di documentazione storica non neutrale e rassegnata, possibile strumento di critica politica. Lontana dalla fotografia estetizzante di Alfred Stieglitz, Abbott propone una fotografia che va al di là della bella superficie perché «la moda editoriale del momento è pubblicare articoli su “come si fa una fotografia”, ma la sola cosa che conta dovrebbe essere: “che cosa ci faccio con una fotografia?”. La fotografia non ti insegna a esprimere le tue emozioni, ti insegna a vedere». Questo impegno la porterà a realizzare A Guide to Better Photography del 1941 e ad aderire al progetto di educazione fotografica e documentazione sociale della Photo League insieme a Lewis Hine, Aaron Siskind e W. Eugene Smith. Inserito da Parr e Badger in The Photobook. A History 1 e da Andrew Roth in The Book of 101 Books , veri e propri riferimenti della bibliofilia fotografica, Changing New York raggiunge quotazioni di 1.800-2.000 euro.
A cura di Vittorio Scanferla