8 Febbraio 2019 di Vanessa Avatar

Franco Vaccari

Il grande assente è l’autore. Una rinuncia estrema, in sintonia con il clima di rottura dell’epoca, che sposta l’attenzione sul pubblico e sull’atto fotografico.

Franco Vaccari è uno degli esponenti più originali e influenti della fotografia concettuale italiana e non solo. La sua pratica artistica e i suoi approfondimenti teorici sul linguaggio e sul significato delle immagini prendono corpo tra gli anni Sessanta e Settanta, parallelamente all’espansione dei mezzi di comunicazione e all’aumento della presenza di oggetti tecnologici nella dimensione quotidiana. L’attitudine del mezzo fotografico a riprodurre ciò che è visibile e la qualità estetica del suo prodotto – l’immagine – non sono più le colonne portanti della rappresentazione del mondo. L’attenzione ora è sull’atto fotografico, sull’idea e sulla struttura psichica di cui, al pari dell’uomo, per Vaccari è dotata anche la macchina. Ai riferimenti cartesiani dello sguardo e della narrazione – il chi, il cosa, il dove – Vaccari sostituisce il concetto di “inconscio tecnologico” che consente al mezzo di dare una forma a tutto ciò che entra nel suo campo visivo, in modo autonomo e incontrollabile dall’individuo.

Franco Vaccari: la fotografia è l’impronta di qualcosa che è esistito

Tutto questo, oltre a liberare l’autore dalla presunzione di essere il dominatore assoluto della tecnologia, arricchisce l’opera di significati nuovi tra cui l’idea che la fotografia non sia più solo un oggetto che somiglia alla realtà ma una traccia fisica di essa, l’impronta di qualcosa che è esistito. Frutto del vento del cambiamento è anche l’idea di “spazio pubblico” accessibile a tutti gli uomini in cui prendono forma azioni, relazioni e opinioni pubbliche, appunto. Questo concetto è alla base dell’Esposizione in tempo reale n. 4, presentata da Vaccari alla Biennale dell’Arte di Venezia del 1972. Un cartello incollato su una cabina per fototessera recita in quattro lingue “Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”, invitando i visitatori a scattarsi una striscia di foto e ad attaccarla sulle pareti della sala, in cambio di un certificato di partecipazione numerato e firmato dall’artista. Lo scopo era coinvolgere attivamente i visitatori nella realizzazione dell’opera, facendo sì che essa prendesse vita nel tempo e nello spazio, attraverso un ribaltamento dei ruoli di autore e pubblico. In virtù di queste riflessioni, nella ricerca di Vaccari, l’estetica e l’appagamento della contemplazione dell’immagine diventano di secondaria importanza rispetto ai meccanismi visivi. La mescolanza degli strumenti e dei linguaggi mediali – poesia, video, musica, fotografia, performance – l’incontro tra l’artigianalità e l’innovazione tecnologica, la povertà dei materiali e degli strumenti, in contrasto con la complessità del mondo nei suoi molteplici aspetti, sono i punti focali della sua ricerca. Elementi funzionali a un approccio all’immagine che non celebra la superficie delle cose ma cerca di decifrarne i significati nascosti, adottando punti di vista inediti.

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