28 Ottobre 2019 di Vanessa Avatar

Non un libro di fotografia, ma quasi un sinonimo di quello che per me è la fotografia, come folgorazione, sintesi di pensiero, forma ed emozione. Semplicità perfetta, perfezione semplice. È il Libro. Un oggetto in cui tutto concorre a esprimere attraverso la forma libro una visione del mondo. Ogni volta che lo riapro è con la stessa trepidazione, lo stesso stupore della scoperta». Questa appassionata citazione di Ferdinando Scianna esprime tutto l’impatto che Images à la Sauvette  ha avuto e continua ad avere, per generazioni di fotografi, come libro sacro  che raccoglie i primi vent’anni di attività di Henri Cartier- Bresson, educato allo spirito di geometria della sezione aurea da André Lhote e all’immaginario surrealista da André Breton; infine approdato al reportage, che con la fondazione della Magnum nel 1947, ne segnò un rinnovamento creativo. Images à la Sauvette : fotografie prese all’improvviso, di nascosto; venne tradotto dall’editore americano in The decisive moment , dall’esergo del Cardinale de Retz: «il n’y a rien en ce monde que n’ait un moment decisif », e riportato nel mondo della fotografia come mitico istante decisivo. Una malintesa filosofia della visione che condizionò a lungo un modo di fotografare, volendo «in una precisa organizzazione plastica delle forme, mettere sulla stessa linea di mira, nello stesso istante, la mente, gli occhi e il cuore», secondo una famosa citazione dell’occhio del secolo, che rifiutò sempre un’interpretazione riduttiva e stereotipata di questa maniera, che irrigidiva le potenzialità creative della fotografia nelle strettoie dell’istante decisivo e irripetibile. Piuttosto credeva nell’intuito e nella spontaneità di chi sa vedere e scegliere, nel caos del mondo, il momento magico dell’incidente poetico ed estetico svelato nell’ossimoro surrealista di Esplosivo fisso , che ben esprime la sospesa tensione visiva delle sue immagini e nella filosofia zen del Tiro fotografico . Insomma un modo di vedere e di vivere perché: io osservo, osservo, osservo, è con gli occhi che capisco.

Henri Cartier Bresson: Images à la Sauvette

Cartier-Bresson stesso scrisse l’introduzione e il suo stampatore di fiducia Pierre Gassman, stampò le fotografie. La tipografia dei Fratelli Draeger ne effettuò la riproduzione in raffinata  héliogravure, che si distingue per una resa tonale a cui forse non siamo più abituati, senza aree totalmente bianche, così come profondamente nere, accusata a torto, di essere grigia e poco contrastata, mentre ad uno sguardo attento appare ricca di dettagli e sfumature. Walker Evans parlò infatti di «qualità tipografica da togliere il fiato» e William Eggleston di «eccellente qualità tonale». L’impaginato rispetta le proporzioni del formato Leica 24x36mm in un essenziale layout a comporre, con un lieve margine bianco, le fotografie: 19 a doppia pagina orizzontale, 28 a singola pagina verticale, 13 verticali con 2 orizzontali a fronte e due pagine con 4 orizzontali. Le prime sessanta pagine raccolgono le 63 immagini surrealiste degli anni Trenta, le altre 68 pagine raccontano l’esperienza del reportage. La suddivisione rappresenta due aspetti, comunque non esaustivi, della complessa personalità di Cartier-Bresson e della sua visione della fotografia come duro piacere: sintesi tra immaginario dal vero e antropologia visiva, da cui traspare sempre la lezione dell’impegno politico e civile – nel 1985 regalerà una mostra di 28 fotografie della Lucania, scattate nel 1951 e nel 1972, alla fondazione Rocco Scotellaro di Tricarico in ricordo del poeta contadino e omaggio all’amico Rocco Mazzarone medico dei cafoni, che lo avevano accompagnato –, che insieme allo spirito di eleganza e geometria, rendono la sua fotografia affascinante e vitale. La «Bibbia della fotografia», come la definì Robert Capa, non è particolarmente rara, ma come seminale fotolibro icona è molto ricercato e spunta prezzi tra 1.300 e 1.500 euro.

Di Vittorio Scanferla

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