3 Gennaio 2019 di Vanessa Avatar

Il futuro è OLED?

UNA TECNOLOGIA CHE HA GIÀ CONQUISTATO MOLTI AMBITI (la troviamo sempre più spesso a bordo degli smartphone, ma anche nei mirini elettronici delle mirrorless e nei televisori high-end) è quella identificata dall’acronimo OLED (Organic Light-Emitting Diode). Sviluppata in origine da Ching Tang, scienziato di Kodak, si basa sulla possibilità di trasformare energia elettrica in luce, fenomeno detto dell’elettroluminescenza. Per far questo, si sfruttano le proprietà di speciali polimeri in grado di emettere luce quando sono sottoposti a una corrente, senza bisogno di alcuna lampada di retroilluminazione, necessaria invece ai classici schermi LCD. Come questi ultimi, il display OLED consiste essenzialmente in una struttura “a sandwich” in cui un sottilissimo strato di questi materiali è racchiuso tra una griglia di elettrodi trasparenti che fornisce l’energia necessaria all’illuminazione dei pixel sullo schermo, pari a circa un terzo di quella richiesta dai modelli ai cristalli liquidi. Per creare i colori, i polimeri elettroluminescenti vengono “drogati” con una piccola quantità di molecole altamente fluorescenti. Nonostante le sue indubbie qualità (tra cui colori brillanti, neri profondi, tempi di risposta brevissimi, ampi angoli di visione, consumi ridotti e dimensioni ultracompatte), i monitor OLED per computer sono ancora una rarità. Si tratta in primis di una questione di costi produttivi elevati, questione che troverà una soluzione solo quando questa tecnologia diventerà davvero “di massa”. Ma il vero problema è che i display OLED soffrono ancora di quel che in gergo si chiama burn-in per cui se un’immagine statica è solita essere visualizzata per tanto tempo sul pannello (per fare un esempio, l’interfaccia del programma di fotoritocco che usiamo spesso e a lungo), può causare la cosiddetta “ritenzione dell’immagine” sul monitor. In sostanza, anche cambiando i contenuti, sul display menu, barre degli strumenti, loghi potrebbero persistere in sovraimpressione, a mo’ di… fantasmi! Per questo motivo l’OLED prolifera soprattutto su smartphone e televisori, dispositivi su cui difficilmente gli stessi elementi rimangono visualizzati a lungo nella stessa posizione e per molto tempo.

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