8 Dicembre 2019 di Vanessa Avatar

Negli spazi dell’ex Carcere di Sant’Agata a Bergamo anche la testimonianza dell’imprenditore siciliano che ha detto no alla criminalità organizzata
L’assenza di libertà: fisica e mentale. Le carceri come spazio concreto di detenzione o come metafora di costrizione rappresentato dalla mafia. E ancora l’identità e l’originalità come “valori” che resistono ad ogni forma di oppressione. “Dimensioni” diverse ma che trovano un linguaggio comune nella mostra di Francesco Vanzaghi che ha esposto le sue opere in un luogo scelto ad hoc: nell’ex Carcere di Sant’Agata (locali dell’EXSA) grazie al sostegno dell’Associazione “MAITE – Bergamo Alta Social Club” e dell’iniziativa “Emerging Art Sharing”. Ma non solo arte: ad esprimere il senso di oppressione, mancanza di aria e di libertà per bocca di chi l’ha vissuta in prima persona, è stato il libro “No Mafia” di Gianluca Maria Calì, presentato nello stesso spazio della mostra. “La mia indagine pittorica trova una collocazione ideale in questa location – ha spiegato l’artista Francesco Vanzaghi -, dove alla costrizione penitenziaria viene contrapposta una dissacrante interpretazione degli spazi: l’uomo è fisicamente imprigionato, la sua mente non potrà dirsi altrettanto” spiega l’artista Francesco Vanzaghi, che continua: “avrà sempre una via di fuga, persino dalle inferriate e le chiusure a doppia mandata. Ho voluto celebrare la libertà, l’identità e l’originalità di ciascuno proprio nel posto che per antonomasia dovrebbe privarti di tutto ciò; così alle spalle di una sedia da lobotomizzazione troverete una ridente e gioiosa ballerina di Vaudeville, magari la stessa a cui affidava i propri pensieri l’ imprigionato”.

Il senso di libertà nelle opere di Vanzaghi

La mostra, allestita solo per qualche giorno ha ospitato al suo interno la presentazione, moderata dal Procuratore Generale aggiunto Onorario della Corte di Cassazione – Benito Melchionna, del libro NO MAFIA di Gianluca Maria Calì, imprenditore siciliano che ha detto no alla mafia. Il 3 aprile 2011 Calì subiva un primo attentato mafioso per aver rifiutato di pagare il pizzo. Sempre nello stesso mese di aprile del 2011 si aggiudicava all’asta presso il Tribunale di Palermo la villa di proprietà di Michelangelo Aiello e Michele Greco, bene confiscato, per trasformarla in casa vacanze dove svolgere attività legali e che offrono opportunità di lavoro nel rispetto delle norme. Da qui “avvertimenti” e atti intimidatori denunciati hanno come effetto la condanna dei mandanti mafiosi e degli esecutori.
Il libro “No mafia”, la cui prefazione è a cura del Procuratore Generale di Bologna Dott. De Francisci, racconta le vicende di Gianluca Maria Calì, che oggi può dire con fierezza di “aver raggiunto l’obiettivo di essere un imprenditore libero e non compromesso, proprio come Libero Grassi, mio esempio”,

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