Fino al 3 luglio, Sorrento ospita i ritratti di otto donne ucraine rifugiate nella Penisola, simbolo di resistenza e di pace.

30 Maggio 2022 di Redazione Redazione

Fino al 3 luglio 2022 i ritratti di otto donne ucraine rifugiate nella Penisola Sorrentina, stampati su teli di grandi dimensioni, sventolano nel centro storico di Sorrento. Un inno alla pace che l’artista Julia Krahn ha realizzato in collaborazione con il Comune di Sorrento e l’Associazione Festivà.

Otto donne ucraine rifugiate ritratte da Julia Krahn

«Non parlo della guerra, delle sue impossibili ragioni per esistere o di chi la sta tenendo accesa, ma delle persone che la subiscono», spiega Julia Krahn.

«Indifferentemente da pensiero, posizione o status, sono fuggite per salvare i loro bambini e hanno lasciato indietro i loro mariti. Oltre alla propaganda esistono persone reali. Ognuno con la sua storia. Io accolgo in studio chi ha voglia di condividere la sua. L’arte ha da sempre creato ponti fra mondi e pensieri diversi, è un’arma importantissima per combattere la guerra».

L’artista ha, quindi, accolto nel suo studio queste donne ucraine rifugiate nella Penisola Sorrentina chiedendo loro di raccontarsi. Di descrivere, ciascuna, le proprie personali “armi” di resistenza quotidiana. Le ha poi ritratte come icone laiche, sante quotidiane (il titolo del progetto, St. Javelin, si ispira al missile “Javelin” mandato in Ucraina in sostegno della resistenza) portatrici di un messaggio di pace, orgoglio e dignità.

Ogni donna guarda con determinazione dritto in faccia lo spettatore. Solo la bambina, Kira, volge lo sguardo altrove, distratta dal gioco della sua infanzia. Aleksandra indossa una corona di mimose, simbolo di resistenza femminile. Juliana porta le spighe di grano e il pane tipico ucraino “palianytsia”. Questa parola è anche una potente arma di riconoscimento, perché risulta impronunciabile dai russi.

Lesya toglie la corona di proiettili e la porge allo spettatore, sta a tutti noi chiederci cosa farne. Marina porta in braccio la sua bambina di sei mesi, l’amore incondizionato, il futuro fragile. Gaika invita alla ricostruzione con una pala, che ci ricorda le fosse comuni, la morte e la rinascita.

Olena invece indossa le notizie collezionate dall’inizio della guerra in forma di corona e scudo, mentre si tiene vicino il telefono, unica connessione con suo marito. Olga, una donna anziana, impersona l’Oranta di Kiev, madre delle madri che alza le sue mani in benedizione verso il mondo.

Un percorso immersivo

L’allestimento si snoda all’aperto lungo Corso Italia, da piazza Tasso a piazza Veniero. Dando vita a un percorso immersivo, di forte impatto, che permette allo spettatore di scoprire le storie di queste otto donne ucraine rifugiate.

Ai ritratti, infatti, si affiancano testi e interviste, a cura di Francesca Massa, che il pubblico potrà leggere scansionando il QR code esposto lungo il percorso della mostra, in cui le donne danno voce ai loro volti attraverso i racconti delle proprie esperienze in guerra.

Julia Krahn ha voluto, inoltre, aggiungere alle otto immagini anche il proprio autoritratto. L’artista tiene in mano il pulsante della macchina fotografica, che rappresenta il suo modo di combattere la guerra con l’arte e la cultura.

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