A Bologna, la mostra con i progetti finalisti della settima edizione del MAST Photography Grant on Industry and Work.

26 Gennaio 2023 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

È stata inaugurata ieri alla Fondazione MAST a Bologna la mostra che riunisce le opere dei cinque finalisti del MAST Photography Grant on Industry and Work. Giunto alla settima edizione, il Grant nasce con l’intento di sostenere la ricerca sull’immagine dell’industria e del lavoro. Nonché di dare voce ai talenti emergenti. Consente, infatti, ai giovani fotografi che vincono la borsa di studio di sviluppare un progetto sui temi in questione e di realizzare una mostra accompagnata da un catalogo.

La mostra, a cura di Urs Stahel, è aperta fino al 1° maggio 2023. E riunisce anche i lavori dei ventiquattro finalisti delle precedenti edizioni del concorso.

MAST Photography Grant on Industry and Work a Hicham Gardaf

Cinque i finalisti di questa edizione: Farah Al Qasimi, Hicham Gardaf, Lebohang Kganye, Maria Mavropoulou, Salvatore Vitale. A trionfare è Hicham Gardaf (Tangeri, 1989) con il progetto In Praise of Slowness. Menzione speciale a Lebohang Kganye.

A giudicare i lavori la giuria composta da Isabella Seràgnoli, François Hébel, Milo Keller, Michael Mack, Simon Njami, Alona Pardo, Giovanna Silva, Urs Stahel, Francesco Zanot.

Spiega Urs Stahel: «La Fondazione MAST, attraverso il MAST Photography Grant on Industry and Work offre a giovani fotografi l’opportunità di confrontarsi con le problematiche legate al mondo dell’industria e della tecnologia con i sistemi del lavoro e del capitale, con le invenzioni, gli sviluppi e l’universo della produzione. Spesso, il loro sguardo innovativo ci costringe a scontrarci con incongruenze, fratture, fenomeni e forse perfino abissi che finora avevamo trascurato o cercato di non vedere».

I progetti dei cinque finalisti

  • Farah Al Qasimi (Abu Dhabi, 1991), si concentra sulla grande comunità araba di Dearborn, nel Michigan. Città natale di Henry Ford nonché sede storica della Ford Motor Company, mostra un carattere ibrido ed è espressione di due culture, quella araba e quella statunitense.
  • In Praise of Slowness di Hicham Gardaf (Tangeri, 1989) è una lode alla lentezza. Il fulcro tematico è rappresentato dal contrasto tra la parte prospera, florida e in espansione della città di Tangeri e il fascino antico del suo centro storico.
  • Lebohang Kganye (Johannesburg, 1990) è autrice di un lavoro che non è solo fotografico. In Keep the Light Faithfully propone, infatti, narrazioni di grande effetto e profondità. In una sorta di teatro delle ombre cinesi, l’artista inscena momenti di vita sudafricana con sagome di personaggi fotografati, ritagliati e applicati su cartone, in ambientazioni valorizzate da una sapiente illuminazione teatrale.
  • L’opera di Maria Mavropoulou (Atene, 1989) In their own image, in the image of God they created them si avvale dell‘intelligenza artificiale. In particolare utilizza un software di conversione text-to-image grazie al quale prende vita una molteplicità di immagini così suggestiva che ci spinge a domandarci se l’intelligenza artificiale resterà sempre vincolata alla realtà mediante la fotografia. Oppure se un giorno sarà in grado di realizzare un’opera d’arte più significativa in autonomia.
  • Salvatore Vitale (Palermo, 1986) realizza Death byGPS: un progetto sul legame tra la gig economy e l’attività mineraria nella regione del Gauteng, in Sudafrica. Il montaggio in rapida sequenza accosta fotografie documentarie di eventi reali e riprese video di sabotaggi inscenati, invitando chi osserva a riflettere sullo sfruttamento dei gig workers nel tardo capitalismo.

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Scrive Urs Stahel nel testo introduttivo del catalogo: “Quando parliamo di rivoluzione industriale solitamente facciamo riferimento a un arco temporale che interessa gli ultimi 250 anni, caratterizzato dallo sviluppo tecnico e tecnologico. (…) Negli ultimi 250 anni, tuttavia, lo sviluppo della tecnologia, della scienza e dell’economia è stato così rapido, dinamico e radicale da dare luogo a una vera e propria rivoluzione permanente, che ha stravolto la vita delle generazioni che si sono succedute scuotendola sin nelle fondamenta”.

Info

Il catalogo, pubblicato dalla Fondazione MAST in versione italiana e inglese, è a cura di Urs Stahel. Contiene i testi di Negar Azimi, Federica Chiocchetti, Dominik Czechowski, Elvira Dyangani Ose, Nikolas Ventourakis, i selezionatori dei cinque artisti.

Ad accompagnare la mostra anche un ricco calendario di attività educative.

www.mastphotogrant.com

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