21 Novembre 2018 di Vanessa Avatar

L’inedita collana di libri Nuovi Talenti 

Orizzonti, un titolo evocativo che dà vita alla inedita collana di libri Nuovi Talenti e a esclusive mostre fotografiche all’interno dell’aeroporto di Milano Malpensa. Cos’è la collana Nuovi talenti? Libri fotografici il cui progetto collettivo ha la missione di valorizzare nuovi autori, il loro originale approccio all’immagine e sguardo sul mondo. Il direttore Denis Curti seleziona e guida i fotografi nella creazione di un’opera che veramente li rappresenti sia nelle capacità tecniche che artistiche, dando vita a una collana che esprima al meglio la forza delle immagini.

Orizzonti: il libro di Stefano Bianchi Carini

Stefano Bianchi Carini conosce la fotografia che pratica da molti anni. In uno dei suoi lunghi viaggi in treno, un giorno ha un’illuminazione, prende in mano la macchina fotografica, si apposta al finestrino del treno e inizia a scattare una lunga sequenza di immagini. Stava attraversando il lungo tratto di costa che da Rimini giunge fino a Siponto, un tratto costiero che il fotografo, negli anni, ha percorso più e più volte, e che ha imparato col tempo a conoscere e a riconoscere.  Comincia così il primo di numerosi tentativi nel cercare di vedere meglio quello che ha intuito. In un primo momento scatta ogni volta che il treno si ferma, raccogliendo così una mappa visiva grazie alla quale visitiamo i luoghi attraverso i cartelli delle stazioni. Affascinato dallo spazio che sembra ricrearsi all’interno del vagone, fotografa quella che diventa ora la sala cinematografica in cui viene proiettato una sorta di film: il paesaggio che muta. Scatta seguendo un ritmo interiore che dà vita a una lunghissima serie di fotografie. Il paesaggio che scorre è la ricostruzione di un lungo orizzonte, lo spazio fotografato diventa materia viva, si ritrovano le tracce fedeli di sbavature dovute alla velocità, ai sussulti del treno. Si compone così, la sezione di un atlante che ci immaginiamo mappare l’Italia e di cui qui troviamo buona parte della costa adriatica.  L’autore si è sottoposto a regole semplici ma efficaci: tenere la macchina sempre pronta di fronte al finestrino all’altezza dei propri occhi; non guardare nel mirino ma spostare lievemente lo sguardo verso destra, per vedere così in anteprima l’immagine che sta per essere fotografata; appena l’occhio nota qualcosa, scattare. Così facendo, l’autore mette in campo un automatismo dello sguardo che coinvolge l’occhio, la mente, la mano e, non da ultimo, la macchina fotografica. Quello che Bianchi Carini sceglie di fare è di mettere in dialogo queste due dimensioni, l’occhio umano e l’occhio meccanico e di utilizzare come collante la sua personale sensibilità, il suo gusto per la composizione estetica dell’immagine. Il fotografo costruisce con i suoi scatti un tratto costiero che cambia a velocità alterne: si entra in un centro abitato dopo chilometri di natura selvaggia; a volte, invece, del paesaggio si hanno solo impercettibili variazioni, come quando i binari costeggiano il mare a una distanza minima e quello che vediamo sono solo pochi elementi: il mare, le scogliere artificiali, uno stabilimento balneare, qualche bagnante. La forza di questo lavoro risiede nella sequenza, che trova senso nel suo insieme . Nel susseguirsi delle immagini si riconoscono alcuni elementi che ci sembrano familiari e Bianchi Carini ci fa riflettere ancora una volta sullo spazio che abitiamo. Il suo sguardo offre una prospettiva nuova e con un linguaggio contemporaneo riesce a rinnovare quella massima antica secondo cui tutto scorre, Panta Rei .

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