C’è tempo fino al 29 agosto per visitare Paolo Pellegrin. Un’antologia, la mostra del celebre fotografo di Magnum ospitata dalla Reggia di Venaria. Non una semplice retrospettiva ma una riflessione su alcuni momenti cruciali della storia recente, visti attraverso gli occhi del fotografo.
La mostra
La condizione umana, con la perenne tensione tra sofferenza e violenza, tra tragedia e bellezza, è il filo che unisce le oltre duecento immagini e i quattro video riuniti nella mostra, in un percorso non cronologico né geografico.
Ad aprire l’Antologia è il tema della guerra con l’ampio collage della battaglia di Mosul, allegoria dei conflitti e delle loro conseguenze. Le immagini della guerra, della morte, dei rifugiati, dei muri e dei confini artificiali sono però affiancate alle immagini dedicate all’impegno umanitario e alla grandezza della Natura.
I fenomeni naturali sono indagati nelle forme sia benefiche sia terrificanti. Dal paesaggio australiano, devastato dagli incendi boschivi, agli imponenti ghiacciai in Antartide, che continuano a sciogliersi a ritmi sostenuti. Dalle acque ingrossate dallo tsunami, al volo libero delle aquile di mare. Scatti attraverso cui Paolo Pellegrin riporta l’attenzione all’urgente necessità di lottare per il nostro pianeta in estrema sofferenza.
Uno sguardo più intimo
Infine, durante la quarantena dello scorso anno dovuta alla pandemia da Covid-19, il fotografo ha scelto di puntare l’obiettivo su se stesso e sulla sua famiglia, dando vita a un lavoro dai toni più intimi.
La mostra si chiude con una lunga parete composta di disegni, taccuini, appunti, diapositive e negativi che raccontano il “making of” dello studio di Paolo Pellegrin. Un vero e proprio happening “site specific”, realizzato dall’autore insieme alla sorella, l’artista Chiara Pellegrin, dove il visitatore può immergersi nella complessità del processo creativo del fotografo.
Paolo Pellegrin e il reportage
A curare questa Antologia – già presentata al MAXXI di Roma e alla Deichtorhallen di Amburgo prima di approdare alla Reggia di Venaria a cura di Annalisa D’Angelo – era stato il celebre critico d’arte Germano Celant, scomparso nell’aprile del 2020. A Celant si deve la capacità di aver colto le qualità eminentemente artistiche e concettuali di Pellegrin, il suo sguardo così personale che va oltre quello del reportage di documentazione giornalistica.
Scriveva Celant: “Per Pellegrin un reportage non è una veloce, fredda e impassibile operazione, ma – come lo è stato per Walker Evans e Lee Friedlander – una questione di interpretazione personale, che coinvolge giudizio estetico ed espressività, angoscia e sofferenza”.
“È la sintesi della posizione critica del fotografo riguardo a una impersonale visione della realtà. Una rappresentazione, suddivisa in differenti momenti e capitoli, che aiuta a contestualizzare la situazione affrontata e la persona a documentarla. «Non sono interessato a rubare uno scatto. Sono interessato, invece, a vivere – per quanto possa – con le persone che sto fotografando […] Utilizzo un approccio antropologico: mi piace trovare temi e soggetti per raccontare le mie storie»”.
“Ognuno dei suoi reportage tende a dare risalto, all’interno di un paese – sia esso l’Uganda, la Cambogia, Haiti, il Kosovo, il Libano o l’Iran – al modo in cui gli esseri umani danno forma alle loro reazioni agli eventi quali guerre e massacri. […] È l’indagine dei più profondi aspetti del comportamento umano, in Africa come in Europa, senza ambire a definire e delineare confini fra loro, ma cercando di rivelare, attraverso il loro sguardo, ciò che hanno in comune”.
Info
La mostra è aperta fino a domenica 29 agosto 2021. Da martedì a venerdì: dalle ore 10 alle 18; sabato, domenica e festivi: dalle ore 10 alle 19. Chiuso il lunedì.
Prenotazione obbligatoria online.