7 Novembre 2016 di Redazione Redazione

Patrizia Pulga presenta il suo progetto di crowdfunding per pubblicare un libro che ripercorre la storia della fotografia dalla nascita ad oggi con una rilettura al femminile, sia per la riscoperta di antiche fotografe – spesso taciute dalla storiografia ufficiale – sia per portare alla luce profili professionali di fotografe del passato recente e del presente, con una particolare attenzione alla loro presenza in Italia, Europa, America del Nord, America Latina, Asia, Africa e Oceania.


Come inizia la tua carriera di fotografa e come nasce il tuo progetto sulle “donne fotografe”?

Ho iniziato la professione nella seconda metà degli anni Settanta, dopo la laurea in Scienze Politiche, fotografando le manifestazioni delle donne in Italia e le loro vite durante i miei viaggi in Oriente. Da allora sono sempre state presenti nelle mie ricerche personali che ho affiancato a lavori commissionati in campo commerciale.
Dato che fin da subito mi ha appassionato la storia della fotografia, mi sono resa subito conto che nei “testi sacri” di quegli anni la presenza delle donne fotografe era stata taciuta, eccetto alcuni casi, come Tina Modotti, Julia Margaret Cameron e Dorothea Lange, sulle quali comunque to trovato accenni più alle loro biografie personali che al loro lavoro professionale.
Da allora la mia ricerca per ribaltare con un’ottica di genere quanto la storiografia ufficiale aveva taciuto non si è mai fermata; in ogni viaggio all’estero ho cercato di documentarmi sulle fotografe di quel paese, accumulando nomi e dati che solo con l’avvento di Internet ho potuto mettere a frutto al meglio e nel 1998, all’apertura dei bandi di concorso per le iniziative di Bologna 2000 Città EURopea della Cultura ho presentato un progetto che da anni desideravo attuare: un censimento sulle fotografe europee.


È così nato WOMEN PHOTOGRAPHERS’ NET, che si prefiggeva come obiettivo la creazione di un censimento sulle fotografe professioniste contemporanee a livello europeo per raccogliere ed organizzare l’enorme contributo creativo delle nostre colleghe, utile anche per conoscere, in una rilettura del vecchio millennio, ciò che le fotografe hanno espresso, dato che non era mai stato prodotto un lavoro di questo tipo e che ho presentato alla Sala dei Notai di Bologna nel novembre 2000, alla presenza di moltissime fotografe, di Roberto Grandi, Assessore alla Cultura e docente di Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa al Corso in Scienze della Comunicazione, Università di Bologna e del fotografo Riccardo Marcialis, responsabile della formazione professionale del SIAF (Associazione Fotografi Professionisti). Oltre al mio intervento e alla proiezione delle immagini inviate dalle fotografe, hanno dato il loro contributo, tra le altre, Laura Benigni dell’Istituto di Psicologia del CNR di Roma e membro del European Network for Women Studies con un intervento sul tema: Soggettività e tecnica dell’occhio femminile dietro l’obiettivo, la fotografa Margherita Verdi e la gallerista Vittoria Ciolini, organizzatrici del Premio Europeo Donne Fotografe I luoghi della vita. La fotografa Giuliana Traverso, direttrice della scuola DONNA FOTOGRAFA ha parlato delle sue esperienze di trent’anni di insegnante in corsi di fotografia per sole donne, mentre la collega Anna Cutrone ha proiettato il video Cento anni di fotografia al femminile del Gruppo fotografico al femminile Athena di Roma. Il fotografo e gallerista Lanfranco Colombo ha voluto dare un contributo con una carrellata di notizie sulle fotografe che hanno esposto nella sua galleria Il Diaframma di Milano negli ultimi trent’anni.



Qual è stata la reazione della ciritca?
Il progetto è stato ampiamente recensito da giornali, TV e testate sia nazionali che locali. In particolare una recensione di VOGUE del novembre 2000, è stata molto importante perché la rivista aveva fatto una doppia pagina sulle donne fotografe: in una veniva recensito il mio censimento e una mia mostra sulle donne di altre culture, mentre nella pagina a fianco c’era un articolo su WOMEN IN PHOTOGRAPHY INTERNATIONAL (WIPI), associazione a cui ho immediatamente scritto per uno scambio di informazioni e con la quale ho iniziato a collaborare curando, attualmente come Charter Member, le notizie relative alle fotografe europee, africane e asiatiche.
Da allora non ho mai smesso di raccogliere e organizzare dati e il frutto di questi vent’anni di lavoro è il volume che sarà a breve pubblicato, grazie a un crowdfundung di Produzioni dal basso.


Raccontaci del tuo libro…
Il titolo è: Le donne fotografe dalla nascita della fotografia ad oggi: uno sguardo di genere e raggruppa i profili professionali di più di 2300 fotografe dei quattro continenti.
La vera novità è l’enorme crescita di donne fotografe in Africa, Asia e Oceania. Sono riuscita a censire il lavoro di giovani colleghe afgane che, nate e cresciute sotto il regime dei Talebani, appena hanno intravisto uno spiraglio di democrazia hanno utilizzato la fotografia per dare valore alle vite proprie e dei loro connazionali; anche negli Emirati Arabi c’è un grande fermento e tante giovani donne hanno preso in mano la fotocamera per affermare la propria esistenza.
Molte, in Europa come in Asia, in USA come in Africa, hanno utilizzato la fotografia come mezzo creativo per sé e come mezzo per dare voce alle altre donne che non erano in grado di farlo.
In America Latina molte sono le fotografe che hanno usato la fotografia per superare i traumi – personali, familiari e collettivi – causati dalle dittature che hanno insanguinato i loro paesi.
Tante, indipendentemente dal luogo di origine, hanno lavorato sul corpo femminile: alcune sono andate oltre la pura rappresentazione, per accettarlo, ironizzarlo, per usarlo come ponte tra la realtà e la fantasia, in sintonia con il mondo e con la natura o come simbolo della propria condizione di genere; in particolare molte fotografe africane, afroamericane e afro-caraibiche sono partite dal corpo come simbolo dell’orgoglio nero, come fonte di identità forte, valore e consapevolezza.
Altre, che vivono in paesi in cui il corpo della donna deve essere celato, si sono sbizzarrite in lavori in cui il velo è il protagonista, spesso ironico, a volte amaro, delle loro immagini.
Tantissime, indipendentemente dalla nazionalità, sono state concordi nell’ironizzare sull’uso del corpo delle donne come mezzo per costringerci in ruoli imposti.
Quello che emerge dal punto di vista tecnico è che coesistono stili e modalità che possono sembrare agli opposti: dal fotoritocco più o meno accentuato, all’uso privilegiato di stampe fine art in bianco e nero, dai foto collage fino ad antiche tecniche come la ferrotipia e il collodio umido che di volta in volta vengono scelti come puri mezzi espressivi e non come rigide scuole di pensiero, con una libertà di scelta totale e totalmente liberatoria.


È possibile aderire al progetto di crowdfunding fino al 20 novembre cliccando su questo link.

 

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