Ecco una delle celebri immagini raccolte nella mostra di Steve McCurry “Icons” a Conegliano. Fino al 13 febbraio.

23 Dicembre 2021 di Redazione Redazione

Prosegue fino al 13 febbraio 2022 a Conegliano (TV) la mostra di Steve McCurry Icons, a cura di Biba Giacchetti.

Tra le celebri fotografie esposte anche questa scattata nel Rajasthan, in India, nel 1983 e dedicata a uno dei temi più amati dal fotografo: il monsone. Uno degli eventi atmosferici più imprevedibili e drammatici. Che Steve McCurry ha voluto indagare e rappresentare in tutte le sue variegate manifestazioni: dalle inondazioni alle tempeste di polvere.

Steve McCurry e il monsone

Fin dal suo primo viaggio in India (1979-1980) il fotografo iniziò a studiare il monsone (dall’arabo mawsim che significa “stagione”). Questo fenomeno atmosferico si abbatte su di un’ampia area geografica che comprende la costa orientale del subcontinente indiano, la Cina, le Filippine, l’Australia. Gli eventi a esso correlati sono piogge torrenziali o siccità (a seconda delle stagioni), provocati dal contrasto termico tra aree continentali e aree oceaniche.

Nella mente di McCurry il progetto fotografico si concretizzò a partire dalla primavera del 1983. L’inizio fu un viaggio nello Sri Lanka, a maggio.

Da giugno a settembre il fotografo risalì l’India verso nord, allo scopo di seguire il monsone fino all’Himalaya e in Nepal. “Quando venivo a sapere che il monsone era arrivato in una certa regione, mi imbarcavo su un aereo e lo raggiungevo. Qualunque cosa facessi, quando cominciava a piovere lasciavo perdere e correvo fuori a scattare foto. Dovevo mettermi in moto subito perché la fase più intensa delle precipitazioni dura solo qualche minuto”.

La serie sul monsone continuò a svilupparsi in diversi centri come Varanasi, nell’India settentrionale, e Delhi. In queste grandi città l’imperturbabilità dei locali di fronte al fenomeno spinse McCurry ad affermare: “solo allora mi resi conto che non stavo fotografando un disastro naturale, ma un evento che si ripeteva ogni anno”.

Come nasce un’icona

Dopo la visita delle zone inondate dagli acquazzoni, la troupe si trasferì in regioni aride, come il deserto del Thar nel Rajasthan. McCurry attraversò l’area a bordo di un taxi scassato e si soffermò su una zona dove non pioveva da tredici anni: “per chilometri e chilometri, tutt’intorno si formò un’enorme muraglia di polvere che si muoveva come un’onda di marea e che alla fine ci avvolse in una spessa nebbia”.

Il fotografo interruppe la sua marcia e si mise a osservare un gruppo di donne e bambini. Costoro si strinsero reciprocamente per ripararsi dalla sabbia e dalla polvere, “cantavano e pregavano e a malapena riuscivano a reggersi in piedi”.

La fotografia scattata in questa occasione è tra la più celebri di McCurry. La perfetta rappresentazione di un principio che l’artista ha sempre seguito nel corso della sua lunga attività: ossia, essere sempre presenti a se stessi, avere piena consapevolezza del luogo in cui ci si trova, senza pensare al luogo in cui si è diretti. Cogliere l’opportunità!

La fotografia fu realizzata ben prima dell’avvento del digitale e McCurry poté controllare il suo operato solo molte settimane dopo, al suo rientro negli Stati Uniti. Le donne per proteggersi si erano chiuse a cerchio dando vita all’immagine straordinaria di un fiore rosso.

Info

La mostra è visitabile dal mercoledì al venerdì ore 10-13 e 15-18. Sabato, domenica e festivi ore 10-19.

Chiusa il 25 dicembre. Aperture straordinarie: 1 gennaio ore 14-19 e 6 gennaio ore 10-19.

www.artikaeventi.com

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