Uliano Lucas
Formatosi giovanissimo nell’ambiente di Brera, nella Milano degli anni Sessanta, ha collaborato con settimanali e quotidiani italiani ed esteri. È autore di numerosi libri tra cui: Guinea Bissau. Una rivoluzione africana (1970), Emigranti in Europa (1977), Nel cuore dell’Africa (1987), Donne di questo mondo (2003), La città all’Ovest (2007), Sessantotto – Un anno di confine (2008), La vita e nient’altro (2013), Il tempo dei lavori (2016). Giornalista, critico e storico della fotografia, ha condotto studi e ricerche sulla storia del fotogiornalismo e sul sistema globale dell’informazione che hanno preso forma in alcuni libri tra i quali L’informazione negata (1981), l’Annale Storia d’Italia – L’immagine fotografica 1945-2000 (2004), Il fotogiornalismo in Italia. Linee di tendenza e percorsi 1945-2005 (2005) e La realtà e lo sguardo. Storia del fotogiornalismo in Italia (2015), scritto a quattro mani con Tatiana Agliani.
Il reportage di Uliano Lucas
Alla fine degli anni Cinquanta, il giovane Uliano Lucas è “uno del Giamaica”, il caffè di via Brera frequentato da intellettuali, artisti e scrittori che gravitano nella vicina accademia milanese. «Un posto dove non importava chi eri ma cosa pensavi», ricorda. Qui discorre di libri e di cinema, scopre la fotografia americana e si confronta con fotografi già affermati come Ugo Mulas, Alfa Castaldi e Mario Dondero. Di quest’ultimo in particolare, altra imponente voce del fotogiornalismo italiano, scomparso nel dicembre del 2015, resterà amico per tutta la vita. Li ha accomunati un’insaziabile curiosità, l’amore per la cultura e una fervida passione civile. Ma su tutto li ha uniti un rispetto profondo per la libertà che li ha portati a decidere di non legarsi mai ad alcun giornale. Lucas lavora come freelance con direttori coraggiosi e di ampie vedute e con giornali della borghesia progressista e liberale, tra cui «Il Mondo», «L’Europeo», «Tempo Illustrato» e «L’Espresso», vicini al suo pensiero. Fin dalla prima metà degli anni Sessanta segue le principali questioni che investono il Paese nel pieno del miracolo economico: l’urbanizzazione, l’emigrazione, il lavoro, gli scioperi, i cortei studenteschi, raccontando le vicende dall’interno, dal punto di vista dei protagonisti, grazie al dialogo e al rapporto di fiducia che riesce a stabilire con loro. Si tratta quasi sempre di operai che riprende durante gli scioperi e nelle assemblee sindacali. Entra finanche nelle loro case, li osserva nella quotidianità traendo uno spaccato autentico della società proletaria del tempo e una testimonianza preziosa del nuovo ruolo assunto dalla classe operaia in Italia. «Sono scatti lontani dall’iconografia stalinista», spiega, «ma anche da molta fotografia italiana dell’epoca, spesso compiacente ai poteri forti». Nei primi anni Settanta segue i conflitti di liberazione nelle colonie in Angola, Guinea Bissau e Mozambico. Tornerà con immagini lontane dagli stereotipi della fotografia di guerra e dai cliché sulla povertà e sullo sfruttamento di quei territori. La stessa impronta hanno gli scatti che realizza alcuni anni dopo nella ex-Jugoslavia. Lucas è il primo fotografo italiano a entrare in Albania, dove la dittatura di Enver Hoxha rende assai complicati gli accessi e gli spostamenti nel Paese. Un giornale tedesco acquista alcune delle sue fotografie riprese nelle fabbriche, negli ospedali e nelle università albanesi. In Italia, il settimanale «Epoca» compra le stesse immagini dall’agenzia Grazia Neri e le pubblica attribuendole a un reporter cinese. «I giornali italiani sapevano benissimo che mi trovavo lì, ma hanno fatto prevalere il conformismo e l’autocensura che durante la Guerra Fredda affliggeva l’informazione, soprattutto nel nostro Paese». Anche le fotografie realizzate negli ospedali psichiatrici tra gli anni Settanta e Ottanta sono lucide e prive di retorica. Per questo richiedono uno sforzo interpretativo nuovo, non più riducibile a espliciti e pittoreschi dejà vu. Un tratto, questo, distintivo del linguaggio e dell’approccio all’indagine sociale di uno dei maestri italiani del fotogiornalismo.
Immagine in evidenza Miniera di Seraing (Liegi), 1976