“A Venezia dal 1 agosto le grandi navi non passeranno più davanti a San Marco per il canale della Giudecca. Approvato il decreto legge in consiglio dei ministri. Orgoglioso di un impegno mantenuto”. A dare l’annuncio su Twitter il ministro della Cultura Dario Franceschini. Che sembra finalmente mettere un punto fermo a una annosa questione.
In attesa di ulteriori particolari su questa storica decisione, vogliamo riproporvi un articolo comparso qualche tempo fa su IL FOTOGRAFO in cui il grande fotografo Gianni Berengo Gardin raccontava il suo reportage di denuncia realizzato a Venezia.
Venezia, Gianni Berengo Gardin, le grandi navi
Grandi mostri invadono la laguna
Venezia trema: mastodontiche navi da crociera attraversano il Canale della Giudecca. Il reportage di denuncia del grande fotografo italiano
di Francesca Marani
Gianni Berengo Gardin ci ha accolto nel suo studio milanese per raccontare com’è nato l’ultimo reportage realizzato a Venezia. Un lavoro di testimonianza severo e rigoroso che, ancora una volta, lo conferma lucido narratore del nostro Paese, delle sue bellezze e delle sue contraddizioni.
Il reportage è nato circa due anni fa come gesto d’amore per Venezia, una città cui sono legato da molto tempo. Sono nato a Santa Margherita Ligure, ma le origini della mia famiglia e i miei affetti risiedono in questa città, per cui mi sento più veneziano che ligure.
Ho cominciato a fotografare Venezia nel 1954, prima come fotoamatore poi, a partire dal 1962, come professionista. Proprio per il rapporto indissolubile che mi lega alla città, non potevo rimanere indifferente alla minaccia rappresentata dalle mastodontiche navi da crociera che ogni giorno attraversano il Canale della Giudecca. La prima volta che le ho viste sono rimasto scioccato e non solo dalle dimensioni. Così, lo stupore si è trasformato in una reazione di sdegno e di incredulità.
Le grandi navi sono mostri lunghi due volte Piazza San Marco, alte due volte Palazzo Ducale, e mettono in pericolo la salute di Venezia. Oltre all’inquinamento visivo e atmosferico, con la loro stazza creano onde e correnti che logorano le delicate fondamenta della città. Senza contare che potrebbe verificarsi un incidente come quello accaduto a Genova nel 2013. Se uno di questi grattacieli orizzontali andasse a sbattere su Palazzo Ducale, su San Giorgio o sulla Punta della Dogana, avremmo perso per sempre delle costruzioni millenarie.
Per due settimane mi sono svegliato alle cinque del mattino per “appostarmi”, come un cacciatore fa con la sua preda, in alcuni luoghi strategici della città, in attesa del passaggio delle grandi navi. Non sapendo l’ora esatta in cui i mostri sarebbero transitati, rimanevo ore e ore ad aspettare. A volte il freddo e la pioggia non rendevano l’operazione facile. In alcuni casi, poi, non è passata nessuna nave!
Ma ho resistito, perché ero consapevole dell’impatto che queste fotografie avrebbero avuto. Conoscevo le proteste dei movimenti “No grandi navi”, ma non avevo ancora visto fotografie che testimoniassero efficacemente lo scempio messo in atto dagli “inchini” di questi palazzi galleggianti di fronte alla Serenissima.
Non c’è alcun artificio nelle fotografie che ho realizzato, nessun utilizzo di Photoshop… se potessi lo farei abolire per legge! In alcuni casi ho usato un teleobiettivo, ma molto moderato, un 80 millimetri; in altri, un normale 50. Non c’è affatto bisogno di forzare l’immagine, chiunque passeggi per Venezia può vivere con i propri occhi le stesse impressioni, non c’è bisogno di utilizzare teleobiettivi forti che falsino la prospettiva, poiché sono le misure fuori scala di queste navi a essere già surreali. Il bianco e nero dà quello scarto, rispetto alla visione naturale, che costringe a guardare meglio.
La forza comunicativa della fotografia
Ho fatto un reportage di denuncia, schierato, senza aver ricevuto alcuna commissione, mosso solo dalla volontà di mostrare l’insensatezza di uno spettacolo che può mettere a repentaglio una città. Credo che la fotografia abbia una capacità comunicativa straordinaria, come ha dimostrato recentemente il quotidiano francese Libération, uscito per la prima volta senza nessuna fotografia, con dei riquadri bianchi al posto delle immagini per rendere omaggio alla fotografia e alla sua capacità “di sentire il polso” del nostro mondo.
Le mie fotografie sono dirette, senza forzature, vogliono documentare e aiutare a riflettere sulle conseguenze di una politica del profitto priva di scrupoli che può danneggiare in maniera irreversibile un patrimonio culturale fuori dal comune.
Venezia è cambiata molto negli ultimi tempi, vissuta sempre più dai turisti che dai veneziani, eppure io continuo ad amarla specialmente dalla mezzanotte alle otto del mattino.