26 Ottobre 2019 di Giada Storelli Giada Storelli

Willy Ronis è stato uno dei fotografi più importanti della corrente umanista francese, cercando nella vita quotidiana il significato dell’esistenza.

«Non sono mai andato alla ricerca dello straordinario. Ho sempre osservato ciò che faceva parte della mia vita. La bellezza dell’ordinario è stata la fonte delle mie più grandi emozioni». Intorno a questo semplice pensiero Willy Ronis ha costruito la sua intera carriera, entrando legittimamente nell’olimpo dei grandi interpreti della fotografia del Novecento. Esponente della corrente, mai ufficializzata con un manifesto programmatico, dei fotografi umanisti francesi, Ronis ha condiviso pensieri, estetica e storie con i grandi maestri della fotografia del secondo dopoguerra come Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Édouard Boubat, Raymond Depardon, Brassaï, Gilles Caron, André Kertész, Jacques Henri Lartigue e Marc Riboud

Willy Ronis: ricordato per il suo interesse verso la quotidianità più semplice e umile

Figlio di un immigrato ebreo ucraino e di una pianista ebrea lituana, Ronis nacque a Parigi ed entrò in contatto con questo linguaggio fin dalla più giovane età all’interno dell’attività di fotografo ritrattista di suo padre in Boulevard Richard Lenoir. Nonostante la sua passione fosse più incline al retaggio artistico della madre, che gli fece studiare l’arte del violino e sognare una carriera come compositore, in seguito alla malattia del padre si avvicinò definitivamente alla fotografia. Con l’ardore dello spirito di un giovane e vicino alle idee di sinistra, incoraggiato dai fotografi e amici Rober Capa e David Seymour (Chim), già celebri all’epoca, seguì con la sua macchina fotografica l’ascesa del movimento del Fronte Popolare che lo portò a comporre intensi e appassionati racconti sulle manifestazioni del 14 luglio 1936 e sull’ondata di scioperi che colpì l’industria automobilistica Citroën nel 1938, pubblicati dalle riviste Regards e L’Humanité. All’indomani della Seconda guerra mondiale, durante la quale si rifugiò nel sud della Francia per via delle sue origini ebraiche, entrò a far parte dell’agenzia fotogiornalistica Rapho come reporter. Nonostante il suo attivismo e la vicinanza ai temi sociali, che lo videro coinvolto in prima persona attraverso la produzione e la circolazione di immagini delle condizioni e delle lotte operaie, Willy Ronis è soprattutto ricordato per il suo interesse verso la quotidianità più semplice e umile, alla costante ricerca di un significato universale dell’esistenza. Attraverso le sue immagini, sviluppò una sorta di micro racconti costruiti partendo dai personaggi e dalle situazioni tratte dalla strada e dalla vita di tutti i giorni. Insieme al gruppo dei fotografi cosiddetti umanisti, che diedero della Francia del dopoguerra un’immagine sorridente per scongiurare le atrocità e le macerie del conflitto mondiale, Ronis dipinse la Parigi dei quartieri di Belleville e Ménilmontant, da lui tanto amati, fatta di scene pittoresche di passanti affaccendati, di giochi dei bimbi per le strada, di baci tra innamorati, dei mestieri semplici e delle scene quotidiane di un’esistenza idilliaca. Durante gli anni Cinquanta fu spesso citato, al fianco di Robert Doisneau e René-Jacques, all’interno del Groupe des XV che come scopo aveva quello di rivendicare la fotografia come vera espressione artistica. Il 1953 per Willy Ronis fu l’anno della consacrazione oltreoceano. Venne selezionato insieme a Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Izis e Brassaï da Edward Steichen per la mostra intitolata Five French Photographers al Museum of Modern Art (MoMA) di New York e due anni più tardi lo stesso Steichen volle inserire una selezione di sue fotografie nella leggendaria mostra espositiva The Family of Man. Sebbene la maggior parte delle sue immagini furono scattate in Francia, sin dalla sua giovinezza Ronis non smise mai di viaggiare e di fotografare Paesi stranieri. Tra i tanti luoghi visitati, vale ricordare Venezia in quanto ricopre un ruolo particolare all’interno delle sua produzione. Il suo primo viaggio nella Serenissima risale al 1938 e nonostante la vittoria della medaglia d’oro alla Mostra Internazionale Biennale di Fotografia del 1957, Ronis scoprì veramente Venezia soltanto nel 1959, anno in cui scattò una serie d’immagini dei quartieri popolari, riuscendo a catturare personaggi solitari e giocando con i riflessi della tipica luce lagunare.

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  • #collazine: Intervista a Stefano Cottarelli – rapso.org

    […] i miei collage erano prettamente digitali, rivisitavo fotografie storiche appartenenti a Brassaï e Willy Ronis, ma ad oggi mi lascio ispirare da tutto ciò che mi […]

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