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Andrea Tubertini - Nato nel 1973, vive e lavora a Roma. È appassionato di tecnologia e fotografia, soprattutto di ritratto, e quando può le fa convergere nei suoi progetti creativi. Ha al suo attivo diverse mostre personali e collettive realizzate negli ultimi anni e ora si dedica alla promozione e all’ampliamento del suo progetto I’m not a doll. "La fotografia di ritratto è quella che amo di più, e che più mi piace fare. Penso che un volto, gli occhi, la pelle o una ruga possono raccontare tanto della vita o della personalità del soggetto ritratto. Il mio approccio alla fotografia ritrattistica avviene in modo naturale, i soggetti delle mie foto sono come materia, cerco con attenzione di darle una forma, una consistenza e una perfezione estetica che deve comunque riflettere il suo senso umano. La parte più bella del mondo o delle cose deve prevalere, e se esce un lato poetico meglio ancora. Nel comporre la fotografia cerco di creare un'atmosfera ricca, sensuale, coinvolgente, possibilmente potente. Ricerco spesso l'armonia che non deve avere per forza una forma definita. Il mio fine è quello di fare arte e dare spazio alla creatività utilizzando la fotografia come mezzo di comunicazione."

PAESEItalia

ATTREZZATURACanon 5D e Fuji x-t1

SITOsm-art.synology.me/

INSTAGRAMinstagram.com/andreatuber_ph/

I’m not a doll – #anorexiafighter

Camilla: Non mi sono mai sentita a posto col mio corpo. Già a 14 anni iniziarono i primi episodi di bulimia, ero sovrappeso, tutti mi prendevano in giro: “elefante”, “barilotto”, “cicciona” eccetera. Facevo finta di non darci peso ma in realtà quelle parole le sentivo tutte, ogni parola cattiva e gratuita nei miei confronti si trasformava in cibo che mettevo all’interno del mio corpo solo per poi buttarlo fuori.

Il bagno era diventato il mio posto sicuro, lì buttavo fuori tutto il mio dolore, o meglio, credevo di buttarlo fuori quando in realtà non facevo altro che accrescerlo. Negli anni successivi la situazione sembrava essere sotto controllo, nessuno aveva mai sospettato niente. Poi arriva il 2017, e con lui un mostro.

Un mostro come quelli che si trovano nel livello finale dei videogiochi, quei mostri che sembrano impossibili da sconfiggere, dove devi ripetere il livello più volte, perdere, essere vicinissimo a sconfiggerlo ma non riuscirci per poi arrivare alla vittoria. Io sono ancora in cerca di quella vittoria ma ci sono vicina, me lo sento.

Ero una ragazza piena di insicurezze che aveva raggiunto il peso di 70kg, con persone sbagliate al suo fianco, una ragazza che continuava a sentirsi dire “sei grassa”, “hai un bellissimo viso, peccato per il fisico”, “cicciona” anche dalle persone che aveva vicino.

Persi più di 20kg, negavo di avere un problema, per me non era mai abbastanza.

Stava diventando come una droga, più dimagrivo e più mi sentivo accettata, non mi sentivo più invisibile agli occhi degli altri ma al contempo stavo perdendo tutto.

Nonostante i 2 ricoveri non riuscivo a ritrovare un punto fermo.

Adesso ho 21 anni ed ho sconfitto l’anoressia ma il mio incubo non è ancora finito: sono arrivate le abbuffate, i sensi di colpa e ciò che comportano successivamente. È un percorso lungo ma io ce la sto facendo, stanno diminuendo le abbuffate piano piano, sono ricoverata in un apposito centro che mi sta dando una grande mano e sono determinata più che mai ad arrivare a guardarmi allo specchio e star bene con me stessa. Non vedo l’ora!

Luogo non specificato

15/4/2022

Ritratto

ISO 320

F11

50 mm

1/200

x-t1

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