andreatuber andreatuber

Andrea Tubertini - Nato nel 1973, vive e lavora a Roma. È appassionato di tecnologia e fotografia, soprattutto di ritratto, e quando può le fa convergere nei suoi progetti creativi. Ha al suo attivo diverse mostre personali e collettive realizzate negli ultimi anni e ora si dedica alla promozione e all’ampliamento del suo progetto I’m not a doll. "La fotografia di ritratto è quella che amo di più, e che più mi piace fare. Penso che un volto, gli occhi, la pelle o una ruga possono raccontare tanto della vita o della personalità del soggetto ritratto. Il mio approccio alla fotografia ritrattistica avviene in modo naturale, i soggetti delle mie foto sono come materia, cerco con attenzione di darle una forma, una consistenza e una perfezione estetica che deve comunque riflettere il suo senso umano. La parte più bella del mondo o delle cose deve prevalere, e se esce un lato poetico meglio ancora. Nel comporre la fotografia cerco di creare un'atmosfera ricca, sensuale, coinvolgente, possibilmente potente. Ricerco spesso l'armonia che non deve avere per forza una forma definita. Il mio fine è quello di fare arte e dare spazio alla creatività utilizzando la fotografia come mezzo di comunicazione."

PAESEItalia

ATTREZZATURACanon 5D e Fuji x-t1

SITOsm-art.synology.me/

INSTAGRAMinstagram.com/andreatuber_ph/

I’m not a doll – #anorexiafighter

Martina: L’anoressia è un cancro dell’anima.
E un filo.
E’ un filo a tutti invisibile, a tratti persino a te, che ti controlla come fossi una marionetta, e che ti spinge sempre più giù, all’Inferno.
Ma non in quello di Dante.

Nel Tuo Inferno: quello che LEI ha creato apposta per te.

I dannati che vi sono dentro: morte, angoscia, tristezza, senso di inadeguatezza, solitudine e un vuoto talmente profondo e radicato da farti preferire la morte a quella ormai non vita, perché diventata banale sopravvivenza, non scontano nessuna pena; se ne stanno lì, beati aguzzini, aspettando il momento opportuno per affondare i loro coltelli nella tua carne, con lenta costanza, sino a farti mancare talvolta anche il più insignificante ma vitale atomo di ossigeno. Nell’Inferno non c’è luce, né sole, né aria.

Solo gelo e buio.

Il tuo corpo è come uno zigote nel ventre materno, un ammasso di cellule, che invece di crescere in tutta la sua bellezza giorno dopo giorno rimpicciolisce, patendo la fame e riducendosi a un ammasso di ossa e sangue; senz’anima, che si è ormai persa dentro quel vortice mortifero e senza emozioni, senza amore.

E il cappio alla gola si stringe sempre di più, il macigno che comprime e opprime il cuore e i polmoni preme sempre di più, la testa pulsa sempre di più, piena come è di tutti quei riti che metti in atto con la solo apparente convinzione di avere il controllo su ciò che per eccellenza è più lontano dal poter essere controllato, la vita, sino a quando a furia di implodere si esplode, e ciò che si genera non è fuoco caldo e principio del divenire, ma cascate di lacrime gelide, portatrici di morte, e colpevoli di bloccare il Tuo tempo e di imprigionarti lì, in quella sorta di regione mentale ed emotiva parallela alla realtà.

E persino gli occhi, specchio che dovrebbe riflettere la bellezza del mondo, si ammalano e diventano il suo strumento principale per raggiungere il suo obiettivo: la tua autodistruzione. Occhi ingannatori, sempre alla ricerca di amore e approvazione ma riflettori di un “non vai bene, non sei abbastanza” continuo.

Luogo non specificato

15/4/2022

Ritratto

ISO 320

F11

50 mm

1/200

x-t1

Lascia un commento

qui