Francesco Ghelardini
«Sono stato un fuorilegge, un rapinatore di banche. Non l’ho fatto per bisogno, per mancanza di alternative, ma per libera scelta. Ho sempre cercato di farlo creando il minor numero di danni collaterali possibili a me e a chi trovavo sulla mia strada.
Una rapina che si rispetti deve essere innanzitutto non violenta. Con la violenza perdi il controllo della situazione perché crei terrore e panico. Una volta che le persone hanno visto le armi, non c’è bisogno di minacciarle tenendole sotto tiro. La gente dev’essere rassicurata: “Buongiorno signori, state sereni e non succederà nulla, vi chiedo solo mezz’ora della vostra vita e poi andremo via, mettetevi comodi.”
Avrei voluto proteggere tutti con una bolla magica e farli assistere all’evento senza correre dei rischi, ma ahimè, non sono un mago. In quei frangenti avverti un senso di onnipotenza: tu puoi decidere il destino di altri uomini, non capisci bene se la cosa ti piace oppure no.
Ho cercato di non farmi arrestare, ma quando mi hanno preso ho sempre pagato, e non solo perché a quel punto era inevitabile ma anche perché era giusto, questo è il gioco e queste sono le sue regole.»
Francesco Ghelardini, cinquantotto anni e vent’anni di carcere alle spalle. Oggi uomo libero e soccorritore 118.
Ha pubblicato per Oaks Editore “Codice a sbarre” e “L’arte della rapina”.
«Mi piace l’ambulanza, la sensazione di guidare con le sirene accese invece di averle alle calcagna è impagabile. Prendo questo lavoro molto seriamente e salvare vite mi fa tornare a casa sereno e soddisfatto. Benché non abbia mai fatto del male fisico a nessuno, di certo ho spaventato molte persone in passato. Oggi col mio lavoro sto in qualche modo ripagando questo debito verso la società.»
HA PARTECIPATO A
Esercizio a tema: Il ritratto