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we will make it. 04

Anno 2016. “WE WILL MAKE IT” [Confine Italia/Francia. Ventimiglia, Italia].

Uno spazio è ciò che rappresenta, non solo ciò che fisicamente è. Esso può assumere un infinito numero di significati, come accade quando la nostra esperienza gli attribuisce nuove “gradazioni dell’essere”.
Il confine tra due dei Paesi più “civili” dell’Europa di oggi è pregno di significati che la storia continua ad attribuirgli, imprimendo nelle sue pietre, nei suoi alberi, nei suoi muri, storie capaci di penetrare violentemente le nostre coscienze.
E’ così che un ambiente splendido, una cornice di roccia e alberi, diventa altro.
Diventa il Passo della Morte, il sentiero dei Contrabbandieri, diventa il crocevia di anime perse ed inghiottite da un oggi ancora affamato di violenza, incoerenza, noncuranza ed inciviltà .
Un piccolo lembo di terra benedetto dalla natura e maledetto dall’uomo.
Teatro di fughe drammatiche e di omicidi di ebrei ed antifascisti che lo attraversavano per raggiungere la salvezza oltre confine nel secondo conflitto mondiale, è diventato il percorso dei contrabbandieri negli anni Cinquanta prima di ritrasformarsi in quello che è oggi: il “cammino della speranza” per migranti disperati che, raggiunta l’Europa fuggendo dalla loro miseria, si rendono drammaticamente conto che la strada da percorrere è ancora tanta e che la fuga deve necessariamente continuare per non finire in quel limbo, dimenticati su una scogliera blindata da un confine testardo.
Con il trattato di Schengen, lo stesso che la Francia ha deciso di sospendere per difendersi dall’esodo di profughi in transito dal territorio italiano, la via era caduta in disuso e la natura selvatica aveva cancellato quasi ogni traccia di essa. I rovi, le ginestre selvatiche, il cisto e tutta la “macchia” avevano ripreso il loro posto, ma già  durante la Primavera Araba nel 2011, i passaggi tra l’erba alta avevano iniziato a ridisegnare quelle tristi e pericolose traiettorie.

Le immagini raccontano il cammino dei migranti e il contesto con il quale si devono confrontare. Uomini, donne e bambini che, trovandosi precluso il transito attraverso la frontiera italo-francese, decidono di procedere su questi antichi sentieri per mezzo dei quali attraversano uliveti di un tempo e la macchia mediterranea che lentamente sta riguadagnando il proprio spazio, fino ad arrivare ad un piccolo borgo abbandonato ed utilizzato come dimora di una notte, dove le loro tracce si mescolano alla polvere del tempo e di quel luogo privato ormai di una identità  propria.
Pochi chilometri li separano dal territorio francese, solo un’alta rete di filo spinato ormai logora e penetrabile si frappone tra loro e la speranza di poter proseguire quel cammino disperato.
Non sono i loro volti scavati dalla fatica e dall’angoscia il soggetto fotografico di questa analisi, bensì gli spazi con i quali la loro tragedia li porta a rapportarsi e che diventano invisibili come le anime che li attraversano, sviscerandoli di ogni significato proprio e trasformandoli in “non-luoghi” atti solo ad essere attraversati.

Il bello dei tempi di oggi
è che domani saranno passati.

Luogo non specificato

19/5/2016

ISO oltre 1/8000

F1.2

Manuale

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