Giuliano Sabato - Spogliàti
Spogliàti
Saper leggere la realtà diventandone tassello di un’integrazione di coscienza, pur nella sua nuda semplicità .
Non a caso nuda. Perché “Spoglià ti”, questo il titolo del progetto, è un racconto di nudità . Coglie la nudità di artisti che, oggi, in un momento in cui il lockdown del mondo ha alzato le sue difese contro il virus, ha abbassato le loro difese. Li ha esposti. Al lavoro mancato, alle tutele già scarse. Li ha “spoglià ti”. Resi nudi. E quegli artisti, che nella condivisione dal vivo ritrovavano l’occasione di esistere, ora condannati dalla distanza sociale si ritrovano tra le mani solo i resti di un’arte appresa, sudata. Le rinunce, lo studio, la forza di andare avanti contro tutto e tutti. La fatica di credere nel sogno, di raccontare pezzi di vita in uno scatto, o in un accordo, o un una poesia.
Oggi quegli artisti, lavoratori di un mondo di serie b, fatto di scarsa attenzione e poche tutele, sono senza palcoscenico. Hanno smesso di riunire gente, di incontrare uomini e donne, di emozionare.
La storia li ha fermati, qualcuno li ha spoglià ti. Nel silenzio di chi avrebbe potuto guardare alle categorie di artisti non tutelate ben prima di un’emergenza virale. Perchè non è certo nel lockdown di oggi la matrice di questa nudità , di questa pelle esposta senza filtri.
Per statuto gli artisti sono legati all’estemporaneo. Non per questo, però, non sono lavoratori. È esattamente qui lo scotto che oggi più paga l’artista, nella percezione dell’arte come un extra, come una faccenda da dopolavoro, un intrattenimento goliardico o appassionato ma pur sempre secondario.
E anche i grandi professionisti, gli artisti di livello nazionale, anch’essi attraversano una flessione delle garanzie lavorative, la contrazione delle procedure di ingaggio, il ridimensionamento dei cachet. L’arte, soprattutto quella dello spettacolo dal vivo, si è arricchita nel numero di esponenti, ma impoverita nelle risorse, umane e finanziarie.
Forse bisognerebbe cominciare a pensare agli artisti come lavoratori necessari tanto quanto chi porta il pane sulle nostre tavole, e ripensare alla struttura del rapporto fra Stato e artisti, consentendo loro di pagare tutte le tasse ma nella dignità dei loro compensi e senza balzelli che mortifichino la dignità del mestiere che fanno.
Invece no. Muoversi nel mercato dello spettacolo dal vivo per attori, musicisti, danzatori (ma non fanno eccezione molte altre categorie loro connesse) è un’impresa.
Di questo passo torneremo a farci seppellire fuori dalle mura, che non si sta poi così male. e resteremo nudi, per l’appunto “spoglià ti”.
Oppure ci convertiremo a fare altro da ciò per cui abbiamo investito in formazione, tempo e anni della nostra vita.
Parleremo di Shakespeare o di un assolo di chitarra nel tempo libero, senza che più nessuno ci ascolti.
E allora sì che saremo nudi.
Ma forse, saremo tutti più poveri.
Testo di accompagnamento dell’attore Marco Antonio Romano