10 Luglio 2019 di Elisabetta Agrati Elisabetta Agrati

Dall’11 luglio al 29 settembre, torna nella splendida cittadina toscana Cortona On The Move, festival internazionale di fotografia, giunto alla nona edizione. Organizzato dall’associazione culturale ONTHEMOVE, con la direzione artistica di Arianna Rinaldo, il festival guarda con particolare interesse all’evoluzione del linguaggio fotografico, con l’obiettivo di offrire al pubblico spazi di riflessione e di confronto. Non solo belle immagini, dunque, ma storie che raccontino il mondo di oggi, come sottolinea Arianna Rinaldo, che ci guida alla scoperta delle iniziative e delle mostre in programma quest’anno.

Intervista a Arianna Rinaldo

Arianna, in ogni edizione è possibile individuare un filo rosso che lega le diverse mostre in programma: qual è quello di quest’anno? Ci segnali qualcuno tra gli autori presenti in questa edizione?
Mi piace che tu abbia usato l’espressione filo rosso piuttosto che tema. Cortona On The Move non è un festival tematico ma sicuramente ogni anno c’è un aspetto che lega e dà coerenza alle diverse proposte, che è sempre ispirato dall’attualità, da ciò che sta succedendo nel mondo, dalle parole chiave che emergono a livello globale. Quest’anno il filo rosso è il paesaggio nella sua relazione con l’essere umano. Quindi, da una parte le questioni ambientali ed ecologiche, ampliando anche la tematica del paesaggio ad altri tipi di relazioni con l’umanità: le tracce della storia dell’umanità nel paesaggio, le migrazioni, l’appartenenza, gli spostamenti nel territorio, il modo in cui noi stessi siamo influenzati dal luogo, dal paesaggio in cui viviamo. Nello specifico, una mostra che voglio mettere in evidenza, perché è stata creata ad hoc, è quella di Simon Norfolk, dal titolo abbastanza provocatorio, Crime Scenes, Scene del crimine. Simon Norfolk è conosciuto come fotografo di paesaggio, un paesaggio visto non in senso naturalistico ma come specchio dell’azione umana. Per la prima volta mi ha permesso di unire quattro suoi lavori, alcuni come stampe, alcuni come video, in cui si guarda al paesaggio toccando diverse tematiche, quella storica, quella ecologica, quella del tempo che passa. In generale, quello che mi interessa è che le mostre presenti al festival raccontino una storia, raccontino la storia del mondo in cui viviamo.
Tra i main sponsor del festival c’è anche Canon, che sarà Digital Imaging Partner. Ci racconti alcune tra le iniziative in programma quest’anno?
Sono tutte interessanti, a partire dal Premio Canon Giovani Fotografi, che abbiamo rilanciato lo scorso anno, e dalla Summer School. Vorrei però sottolineare ARENA – Video and Beyond, sezione del festival che vuole dare spazio a quei fotografi e film maker che, pur con una forte base fotografica, lavorano con più media e con linguaggi diversi, sempre con il fine di raccontare storie del mondo di oggi. ARENA, quest’anno alla sua seconda edizione, è curata da Liza Faktor e ospita otto autori.
Tra le iniziative di questa edizione del festival ce n’è una che, come direttrice artistica, hai voluto fortemente, che ti rende particolarmente orgogliosa?
C’è un tema, un discorso che quasi tutti gli anni abbiamo portato a Cortona e che mi sta molto a cuore ed è quello delle migrazioni. Negli anni passati abbiamo più volte parlato delle migrazioni verso l’Europa; quest’anno, per ampliare la tematica, ho voluto parlare delle migrazioni legate al Messico attraverso i lavori di due fotografe, una messicana e una americana. Da una parte abbiamo un approccio più fotogiornalistico, documentativo, che è quello di Ada Trillo con La Caravana, dall’altra un approccio concettuale, storico – quello di Lara Shipley – per vedere chi sono le persone che, nel tempo, sono passate attraverso questo confine, non solo migranti ma anche conquistadores, contrabbandieri, ecc.
Hai parlato spesso di storie…
Sì, l’idea del festival non è scegliere quindici fotografi e farli vedere, scegliere immagini che lascino a bocca aperta, ma scegliere immagini che facciano riflettere, che provochino, emozionino, facciano parlare. Raccontare le storie del mondo di oggi è la cosa più importante, perché poi ognuno le legge a proprio modo, le riceve a seconda della propria provenienza, della cultura e delle esperienze. Soprattutto la cosa importante è creare spazi di riflessione, di confronto: le conferenze, gli incontri che facciamo nelle giornate inaugurali del festival fanno sì che il pubblico possa sentirsi parte attiva, essere coinvolto.

L’intervista completa è su Photo Professional n. 116

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