21 Marzo 2019 di Vanessa Avatar

«Alice è mia figlia e ho iniziato a fotografarla quando aveva un anno. É nata con la sindrome di Down, ma non è diversa da ogni altra bambina o essere umano; lei prova quello che tutti noi proviamo e ha bisogno di ciò di cui voi e io necessitiamo. Allo stesso modo, la mia famiglia è un microcosmo per le dinamiche che si verificano in tante altre famiglie – tutte le gioie, le tensioni, gli alti e bassi che accompagnano il territorio dell’appartenenza a un nucleo familiare». Le prime righe del testo introduttivo di Looking for Alice  presentano in maniera cristallina la protagonista del libro che si sta per sfogliare: si tratta di Alice, la più piccola dei quattro figli della fotografa inglese Sian Davey. L’autrice la ritrae nei momenti di vita quotidiana, mentre piange, urla, dorme, gioca con i fratelli Luke, Martha e Joseph, soprattutto mentre osserva quello che le sta accadendo intorno. É uno studio silenzioso e a distanza, mite come i colori e le luci che avvolgono i personaggi in scena, talvolta schietto nel mostrare le difficoltà di comprensione. É un processo conoscitivo di una madre nei confronti di una figlia, la storia fotografica dell’amore incondizionato di una famiglia, un invito a riflettere sul modo col quale ci confrontiamo con la diversità, di qualsiasi natura essa sia

 

Looking for Alice
Fotografie di Sian Davey, testo di David Chandler

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