4 Agosto 2019 di Vanessa Avatar

Cambiano i mezzi, resta il punto di vista del fotografo. Come ci spiega Saverio Lombardi Vallauri, affermato fotografo di architettura, interni, arredamento e docente del Corso di Formazione Avanzata Fotografia Advanced all’Istituto Europeo di Design a Milano, ci sono aspetti della fotografia che non cambieranno mai: in un momento storico segnato da continue evoluzioni – sia delle tecnologie che ci permettono di produrre le immagini, sia dei mezzi che rendono queste immagini fruibili –, a non cambiare è la capacità del fotografo di leggere la realtà e di restituirla attraverso il suo personale punto di vista. La scelta del punto di vista non dipende dallo strumento ma dalla sensibilità del fotografo, dalla sua capacità di “sentire” la realtà che lo circonda. E questo, nell’epoca del digitale, è ciò che ancora permette a un professionista di emergere dalla massa dei tanti appassionati di fotografia che, come lui, hanno a disposizione conoscenze tecniche e attrezzature all’avanguardia.

Saverio Lombardi Vallauri e come sta cambiando la fotografia oggi 

«Con l’avvento del digitale, la fotografia è cambiata moltissimo, tanto che oggi non esiste più una separazione netta tra chi sa e chi non sa», conferma Lombardi Vallauri. «In passato, noi che sapevamo, noi professionisti, eravamo un po’ degli “stregoni”, perché potevamo magicamente far apparire le cose giuste su un materiale che non ce le restituiva immediatamente ma solo dopo un passaggio di alcune ore, perché era necessario sviluppare la pellicola. Noi eravamo quelli che sapevamo ottenere i risultati giusti, mentre c’era tutto il mondo là fuori che non sapeva ottenere i risultati giusti. Noi avevamo una statura, un ruolo, una qualifica che ci rendeva diversi e indispensabili per tutto il mondo della produzione e della comunicazione. Da quando c’è una macchina digitale che scatta e immediatamente ti fa vedere il risultato, noi non siamo più degli stregoni: sappiamo fare delle cose in più, ma non abbiamo più il monopolio della correttezza».
A essere diversi non sono solo i “mezzi” con cui si producono le immagini ma anche i “luoghi” in cui le immagini vengono utilizzate: «Oggi, le fotografie sono viste da un numero incredibilmente alto di persone sulla Terra (tutte quelle che possiedono una connessione): di conseguenza, quello che facciamo è diventato da un lato infinitesimamente meno rilevante – perché di fotografie ne vengono prodotte moltissime – e allo stesso tempo molto più rilevante, perché si è moltiplicato a dismisura il numero di persone che possono vedere queste fotografie. La moltiplicazione delle piattaforme, del numero di persone che vedranno le nostre immagini, ha portato a una maggiore immediatezza, all’abbattimento del costo di produzione di una singola immagine, ha aggiunto possibilità di lavoro che tempo fa non esistevano nemmeno».
L’avvento del digitale, dunque, ha portato vantaggi e fatto scaturire opportunità di cui tutti possono approfittare, i semplici appassionati così come i fotografi professionisti. Questi ultimi, tuttavia, per potersi distinguere devono fare leva su quelle competenze e quegli aspetti che le nuove tecnologie non hanno scalzato: «Per esempio, per quanto riguarda la rappresentazione, ci sono situazioni che valevano quando abbiamo scoperto la prospettiva nel Quattro-Cinquecento e che valgono ancora oggi», prosegue Lombardi Vallauri. «Tutto quello che noi sappiamo sulla composizione lo sapevamo quando si dipingeva, abbiamo continuato a saperlo quando le fotografie erano producibili grazie a macchine analogiche, ed è vero tuttora, adesso che siamo diventati digitali. La scelta fondamentale per qualunque fotografo, nel momento in cui scatta una fotografia, è totalmente analogica, non tecnologica, è totalmente legata al suo modo di immaginare la realtà, al suo desiderio di restituirla: è la scelta del punto di vista, che non è “dentro” la tecnologia, è completamente al di fuori della tecnologia. E, come questo, ci sono molti altri aspetti che non sono legati alla tecnologia che utilizziamo e che sono rimasti invariati nel passaggio dall’analogico al digitale».

Saverio Lombardi Vallauri e l’importanza di un corso di formazione in fotografia 

Spesso si tratta di sensibilità e di capacità innate che, tuttavia, al pari delle competenze tecniche, possono essere affinate e indirizzate attraverso il confronto con docenti e professionisti che, da anni, studiano e sperimentano. È questo, secondo Lombardi Vallauri, il senso autentico della formazione: «Un corso di formazione serve perché una parte rilevante di quello che un fotografo con esperienza sa manca a chi non ha ancora sperimentato. Frequentare un corso di formazione è molto più economico, in termini sia di tempo sia di soldi, perché una serie di ragionamenti, di consapevolezza, di capacità, ecc., viene trasmessa anziché doverla andare a cercare, sbattendo la testa. Ho sempre studiato, ho sempre insegnato, e credo davvero nella formazione. Seguendo un corso, ti trovi davanti uno che ha già fatto tutti i possibili sbagli, ha fatto tutti i ragionamenti, ha trovato le correzioni agli sbagli e ti dice come fare, “sperimenta a partire da qui”. Invece che partire da zero è come se si partisse da un livello più alto per arrivarne a uno più alto ancora».
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