24 Maggio 2019 di Vanessa Avatar

Uno strano arcobaleno incombe, minaccioso, su una città dai riflessi metallici. I colori e la forma sono quelli di un normale arcobaleno, tuttavia la sua luce è troppo intensa e la materia, irregolare, di cui è costituito non appare affatto quella di norma generata dalla dispersione e rifrazione della luce solare contro la superficie delle gocce di pioggia rimaste accidentalmente impigliate nel cielo dopo un temporale. Se un temporale c’è stato (e le cupe nubi residue ci confermano questa ipotesi), non è stato dunque un temporale normale… ma allora cosa si è abbattuto sulla città? Per scoprirlo occorre osservare meglio questo bizzarro arco luminoso. Misteriose geometrie e insoliti corpuscoli lo compongono… possiamo addirittura riconoscere chiaramente alcuni ideogrammi cinesi e una serie di parole inglesi, come Pizza Chic o Shake, parola, quest’ultima, che spicca più di qualsiasi altra. Sembra proprio un flusso di insegne luminose, di quelle che invadono le strade dei centri urbani violentandoci gli occhi con la loro colorata irruenza. Data l’origine dell’autore, il rimando a quello che per noi occidentali è lo stereotipo della megalopoli asiatica – un frastuono di luci e colori a sfondo pubblicitario – è immediato. Ed è forse qui che si cela la chiave di volta per interpretare questa immagine. È come se l’autore avesse voluto mostrarci cosa custodiscono quelle vie inaccessibili al nostro sguardo. Sembra volerci dire «il consumismo si è abbattuto sulla città (o sulla Cina, per estensione) con una tale improvvisa violenza da contaminarla nel profondo e da innescare un ciclo irreversibile». Ma questa, come sempre, non è che una delle vie interpretative possibili

Jiang Zhi (Yuanjiang, Hunan, Cina, 1971), Rainbow n. 1-6, 2006. Digital color print, 80x120cm, edizione 6/12.

Courtesy Collezione Fabio Castelli.

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