13 Maggio 2019 di Vanessa Avatar

Ferdinando Scianna

La luce in Sicilia può essere una maledizione. Drammatica, distruttiva, rivelatrice e impenetrabile al tempo stesso, in rapporto dialettico con il suo opposto, l’ombra. Non è un caso che Scianna fotografi a partire da quest’ultima, riparando in essa per vedere meglio nell’abbaglio. Per questo le sue immagini sono spesso cupe, materiche. Fin dalle prime che scatta durante le feste religiose, all’inizio degli anni Sessanta, in cui il mistero della fede diventa metafora di una più laica e liberatoria esplosione dell’inconscio collettivo. Nell’estate del 1963 espone la serie sulle processioni di Bagheria. A vedere la mostra va anche lo scrittore Leonardo Sciascia che gli lascia un suo biglietto di apprezzamento. Subito dopo averlo letto, Scianna lo va a cercare “alla Nuci”, in campagna, dove lo scrittore – gli avevano detto – trascorre le sue estati. Nasce così una grande amicizia e una fruttuosa collaborazione professionale. In quelle scene Sciascia aveva visto molto più di una testimonianza della realtà contadina destinata a scomparire o un documento antropologico. Per lui era un racconto visivo autosufficiente che doveva diventare un libro.

Il mistero della fede diventa metafora di una più laica e liberatoria esplosione dell’inconscio collettivo

Lascia un commento

qui