Migliori è sempre stato attirato dall’emancipazione della forma e da una progettualità stringente perché permette all’artista di lasciare una traccia della propria immaginazione, e non più solo della realtà. Un’idea, questa, che lui coltiva per decenni anche nella ricerca sui muri, perché «(…) l’uomo davanti ai muri si disinibisce. Sia che adoperi una chiave per graffiare o (…) una bomboletta spray, libera il suo inconscio, la sua gestualità ed è se stesso», afferma. Altrettanto fa lui in camera oscura, quando non sviluppa immagini riprese dal vero ma ne crea di proprie, rendendo visibili le sue idee e i suoi fantasmi, grazie alla creatività e all’artigianalità. In questo suo fare introduce il gesto, un elemento più vicino alla pittura che alla fotografia. Lavora off camera, ossia senza l’apparecchio fotografico, manipolando materiali e strumenti propri della fotografia. Realizza così idrogrammi, ossidazioni, pirogrammi, stenopeogrammi, lucigrammi, cellogrammi e cancellazioni, sfruttando la reazione chimica dei liquidi di sviluppo e fissaggio o di altre sostanze con i sali d’argento della carta fotografica. Inoltre brucia, graffia e incide la gelatina ancora umida delle pellicole oppure utilizza materiali trasparenti come il cellophane e, più tardi, il plexiglas direttamente sulla carta o nell’ingranditore, al posto dei negativi.